Mi riprendo.
Domani festeggia il compleanno una cara vecchia amica, ci conosciamo dalla terza elementare ed è sempre stata lei la prima del gruppo a compiere gli anni.
Per lei, anni che furono, avevo scritto la cronaca di una divertente avventura che ci aveva viste coinvolte.
Dopo tanti anni constato che:
1. non siamo mai andate in Scozia e in Irlanda;
2. non abbiamo perso la voglia di andarci;
3. non vorrei aver avuto nessun altro accanto a me in quel viaggio, se non lei!
Buon week end!
Siate sotto la neve alta mezzo metro, gelati dai venti gelidi o fortunati e beati con temperature medio accettabili, passate dei bei giorni!
Vi lascio un racconto di viaggio, siate buoni, lo scrissi molto tempo fa e più per gioco che per altro.
LA
FINE DEL MONDO ovvero come nella primavera del 1998 siamo andate a Berlino
“Siamo arrivate alla fine del mondo”
Pensai,
scendendo dal treno e incrociando lo sguardo di Carla.
Indovinai
il suo pensiero ancora prima che parlasse.
«Dove
siamo finite?» chiese sconsolata.
Eravamo
partite la mattina presto, da Venezia, per arrivare nel pomeriggio in mezzo al
niente.
In
fondo eravamo in Germania.
Finalmente
la Grande Germania unita!
Ma
sempre nella parte est della Germania. Dove nessuno conosceva l'inglese, dove
nessuno aveva mai sentito parlare in italiano.
Ricordai
perfettamente la voce di mio padre: «Ma non sai anche il tedesco?»
Macchè!
Come
si può imparare il tedesco in due mesi, per di più vivendo con italiani in una
gelateria!
Al
massimo si imparano i gusti del gelato!
Eppure
io e Carla eravamo assolutamente convinte di farcela, dovevamo solo arrivare a Non-mi-ricordo-più-come-si-chiama, dove
ci aspettava Sabrina: lei sì lo sapeva il tedesco!
Era
stata chiamata da una società in uno di quei progetti universitari che una
volta si chiamavano Erasmus, adesso di chiamano Virgilius e che lei aveva
ribattezzato Odisseus…
Arrivare
a Non-mi-ricordo-più-come-si-chiama non
fu semplice.
Ci
sembrava che il treno, ma forse definirlo treno
avrebbe offeso i vecchi locomotori delle antiche FS, ci riportasse all'indietro
nel tempo più che incontro alla nostra amica.
Quando
la donna controllore, che non avrebbe affatto sfigurato come controfigura dell'incredibile
Hulk, scese per azionare, manualmente, lo scambio dell'unico binario ne fummo
assolutamente certe: eravamo ai confini della realtà!
Un
po' di ordine.
Si
parte da Venezia, serene. Io non tanto, era la prima volta che prendevo
l’aereo.
Il
volo è tranquillo, cielo limpido, Alpi innevate, atterraggio a Francoforte.
Che
bella città! Che bell'aeroporto, italiani ovunque.
Seguiamo
la massa brulicante dei viaggiatori verso il Gate dell’aereo che ci avrebbe
portate ad Hannover.
Aereo
piccolino, hostess gentili e parlanti inglese.
Il
vicino di sedile è cortese, ma parla solo tedesco. Dopo tre tentativi falliti
rinuncia ad abbordare Carla e si dedica all'hostess che, per inciso, a fine volo
gli da il numero di telefono…
Atterraggio
strano: i tedeschi applaudono il pilota e quasi cantano inni teutonici per
festeggiare la buona riuscita del volo.
Forse
io e Carla non sapendo il tedesco non avevamo capito che c'erano dei problemi?
No,
ci spiegherà Sabrina più tardi: "Loro fanno così!".
Usciamo
dal tunnel ed entriamo nel silenzio di Hannover.
Atmosfera
irreale di centinaia di persone che camminano senza proferire parola.
Molti
anni dopo scendendo da un Boeing nella bellissima città di Pechino mi ricordai
di Hannover perché l'accoglienza fu la stessa, salvo poi uscire ed entrare
nella confusione cinese.
Dall'aeroporto
si va alla stazione con un autobus, ma alla stazione nessuno sa l'inglese!
Non
sappiamo quale treno prendere, finché un giovane controllore sente un tipica
espressione italiana di disapprovazione e capisce: "Italia!"
"Yes!"
e ci porta dall'esperto funzionario poliglotta, parlante inglese, e possiamo
salire sul treno più silenzioso che abbia mai preso.
Pensandoci
bene quella fu l'esperienza più terrificante che i passeggeri presenti nel
nostro stesso vagone potessero mai vivere.
Io
e Carla che chiacchieriamo in italiano, ovviamente, con un tono di voce
italiano.
Dopo
mezz'ora le dieci persone presenti se n'erano andate, rimaneva solo un
ragazzino che, ne sono sicura, se avesse avuto un macchina fotografica…
L'altoparlante
scandisce il nome di una città.
Bella
cosa l'altoparlante in un treno! Non devi chiedere continuamente “dove siamo?”,
forse è per questo che stanno tutti zitti: per ascoltare l'altoparlante …
Scendiamo
ed eccoci qui: sedute sulle nostre valigie in mezzo al niente.
Manca
un'ora alla coincidenza, il vento è freddissimo, e mi chiedo: da qui in poi si
entra nella ex Germania Est, dobbiamo cambiare treno un'altra volta, qualcuno
saprà parlare inglese?
Dopo
due ore siamo ancora lì, solo il vento è cambiato, è molto più freddo, ecco
arriva… ma che cos'è?
Una
corriera sulle rotaie, va a gasolio, presumibilmente, dal fumo nero che la
segue.
Va
ai 40 all'ora!
Scende
la Hulk-controllore-donna che in perfetto tedesco ci intima di salire.
Dobbiamo
andare, non sappiamo bene dove, ma il suo ordine è talmente perentorio, e lì è
così freddo, che saliamo senza dire nulla.
Per
arrivare da Sabrina chi impieghiamo 3 ore, in cui andando a 30 all'ora
impariamo molte cose sul paesaggio, sui villaggi e sulle rotaie.
Salgono
e scendono ragazzini che non avevano mai sentito la nostra lingua, ci guardano
semplicemente con disprezzo, i più simpatici ridono, secondo Carla ci credono
immigrati turchi…
Chi
noi? Impossibile. Ma… forse…
La
natura è bella ci sono alti alberi, mucche che pascolano, una pianura
sconfinata.
“Mi mancano già le colline”.
Ogni
tanto c'è un villaggio da cui scendono e salgono ragazzini o signore anziane.
"L'ho
detto”, ribadisce Carla, “è un treno-corriera".
La
Hulk-controllore-donna dopo due ore ormai ci sopporta, ci sorride e, dopo
essere scesa ed aver manualmente girato gli scambi del binario, quando risale
ride proprio: chissà che faccia dovevamo avere!
Alle
otto di sera, dopo dodici ore di viaggio, arriviamo.
Sabrina
si è fatta accompagnare da un amico tedesco, ci aiuta a portare le nostre
valige nei lunghi due chilometri che separano la stazione dall'appartamento
della nostra ospite.
Neanche
l'amico di Sabrina sa l'inglese, ma lo sta studiando.
Quasi
nessuno, ci spiega, conosce l'inglese perché finché era sotto l'egida dell'U.R.S.S.
la Germania Est studiava il russo, che scopriamo essere facile da imparare per
i tedeschi.
Arriviamo
a destinazione, George impara una cosa importante sugli italiani: amano le
comodità.
Nell'appartamentino
in cui vive Sabrina c'è solo un letto, ma io e Carla, che dovremmo dormire
sulla moquette, siamo attrezzate. Non solo il sacco a pelo, che ogni tedesco
conosce, ma anche un materassino gonfiabile che lui , ridendo, si offre di
gonfiare.
Il
giorno dopo siamo andate a Berlino.
La
capitale, la grande città per cui avevamo iniziato l’avventura.
Il
viaggio questa volta fu verso il futuro.
Partiamo
con la littorina-corriera in compagnia di vecchiette incuriosite, per arrivare
nella Bannhof di Berlin con due punk dalla cresta verde.
Berlino
è una città, e per alcuni versi anche un marziano che vi atterrasse capirebbe
subito di trovarsi in un luogo che è il centro, un punto di riferimento.
Non
saprei descrivere la bellezza imperiosa di questa metropoli che per tanti anni
è stata punto di riferimento per una nazione così conscia della sua unità. Credo
di poter capire come fosse odiato il muro.
Da
brave italiane non avevamo prenotato alcun albergo. Non avendo un tour da
seguire eravamo delle viaggiatrici in cerca della vera essenza di Berlino e non
so se l'abbiamo colta.
Nei
due giorni che seguirono Berlino fu invasa da migliaia di ospiti stranieri
perché, anche se né noi né George lo sapevamo, il giorno dopo, domenica, si
sarebbe svolta la Berlin Marathon. Un evento sportivo mondiale, che aveva
saturato gli alberghi di tutta la città e l'avevano resa impermeabile agli
stranieri.
Forse
per la presenza di così tante nazionalità, forse perché non eravamo
particolarmente ostili, ci siamo sentite accolte dalla Berlino mondana, dalla
Berlino di inizio secolo.
“Facciamo
mente locale"- tipica espressione di Sabrina- "È impossibile che non
ci sia un posto per dormire in una città così grande".
Il
posto c'era e costa il doppio del
previsto.
L'importo
preciso non lo ricordo, so che avendo previsto due notti a Berlino decidemmo di
passarne una sola perché non avevamo soldi. La cifra pagata per quell’unica
notte doveva essere veramente consistente, visto che l'autista polacco
dell'albergo era addirittura venuto a prenderci alla stazione.
Buffo
a dirsi ma la persona che mi è rimasta più impressa di tutto il viaggio è stato
proprio l'autista polacco e il suo amico portiere, che soggetti!
So
per certo, senza conoscere bene il tedesco e non conoscendo affatto il polacco
che, se solo avessimo voluto, ci avrebbero offerto volentieri ospitalità gratuita
a casa loro!
Purtroppo
per loro non erano affatto i nostri tipi e non eravamo in cerca di avventure ma
di Avventura… (…continua forse…)
Ooooohhhh.... ci voleva un bel racconto da leggere in questa giornata bianca e nevosa....
RispondiEliminaGrazie infinite...
Adesso non smette proprio mai di nevicare....
un bacionissimo mitica!!!!
Sei speciale
Ciao Devis! Grazie della visita, nonostante tutte le avversità niente ti abbatte, sei un mitooo
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