Tre lettori per un libro nasce dall’idea di tre bloggers accumunati dall’amore per la lettura di mettere a confronto le loro opinioni su un medesimo romanzo. Tre mesi fa circa Vocedelsilenzio, Chagall e Daisy Dery, su proposta di quest’ultima, hanno designato con un veloce giro di e-mail il libro L’isola dei liombruni di Giovanni De Feo come primo testo da prendere in considerazione. A lettura conclusa i nostri eroi si sono scambiati opinioni e impressioni e Chagall è stato scelto come primo relatore dell’esperimento. Di seguito il risultato.
Chagall racconta:
Dopo aver messo a confronto i tre commenti sul romanzo mi risulta difficile trarne una somma esaustiva. Ho individuato come unico elemento comune nelle nostre opinioni il giudizio positivo sulla scrittura di De Feo.
A tal proposito Daisy scrive:
“Scritto bene, con sapiente uso del gergo dialettale, con descrizioni dai colori sgargianti che illuminano l’isola in modo magistrale. Questo forse è il vero punto di forza del romanzo, l’ambientazione curata che consente al lettore di immaginare in modo molto concreto il luogo dove si svolgono le vicende.
Mi è piaciuta moltissimo anche la struttura del romanzo, tutta la storia si svolge in un giorno o in una notte, con le ore scandite, creando attesa e suspance in chi legge.”
Per il resto i commenti e le conclusioni a cui siamo arrivati sono molto diverse tra loro. Ho trovato particolarmente interessante osservare come il mio giudizio e quello del collega Vocedelsilenzio siano tutto sommato positivi mentre quello di Daisy, la lady del gruppo, colga in modo diverso il ruolo assegnato alla donna all’interno del romanzo. Ancora dal commento di Daisy:
“Crede veramente l’autore che l’isola dei sogni di una ragazzina di quattordici anni sia quella dove farà la prostituta tutte le sere?
Per quanto cerchi di salvarsi, verso la fine, dicendo che il sogno è sognato da un maschio se fosse sognato da una femmina sarebbe diverso mi viene da dire: veramente un bambino di cinque anni sogna che le bambine siano delle prostitute? Questi sono sogni molto adulti o adolescenziali come minimo.
[… ]
A fine lettura c’è la solita sensazione di mancanza. Possibile che gli autori italiani non riescano mai a tenere la tensione narrativa e a sconvolgere? Possibile che ci sia sempre una malinconia strisciante nel volgare?”
Le conclusioni di Daisy sembrano essere esattamente speculari alle mie, pur riferendosi allo stesso testo. Dal mio commento:
“Ho trovato particolarmente interessante il diverso modo in cui i maschi e le femmine che restano nell’isola imebsiatno (crescono). Mentre i bambini diventano Scalzi (immagine che trovo meravigliosa) ovvero sogni puri, le bambine si rivoluzionano in Sibille, creature oscenamente grasse e carnali. Questo a mio avviso è uno dei punti chiave per capire il mondo creato De Feo. Mediante la figura della bambina che per rimanere nell’isola deve rinunciare alla propria maternità diventando una creatura agli antipodi degli Scalzi, De Feo denota tutta la concretezza terrena fatta d’ossa e carne e Amore della donna, che nonostante tutto non può essere soppressa.”
Nel suo commento Vocedelsilenzio effettua invece un interessante confronto del romanzo di De Feo con i classici Peter Pan e Il signore delle mosche. A questo proposito osserva:
“Il romanzo, non occorre neanche dirlo, si presta a più piani di lettura, seguendo ancora una volta la strada tracciata da Golding e dal forse più complesso Barrie.
In questo senso, però, la differenza tra Barrie e De Feo è abissale, nel senso che Peter Pan può essere letto tranquillamente come una fiaba, mentre L'isola dei liombruni non può essere letta solo come un racconto d'avventura e magia. Per poter apprezzare questo romanzo è per me indispensabile legarsi ad una sorta di messaggio, altrimenti risulterebbe quasi una storia senza senso.”
Credo che lui inoltre esprima nel miglior modo il valore che il trascorrere del tempo e la crescita assumono nell’isola di De Feo:
“E poi, la cosa che forse più mi è piaciuta, l'impossibilità di rimanere bambini. Questo gruppo di ragazzetti ci tenta, però poi giocano (o forse no?) a fare l'amore e le ragazze rimangono incinte; giocano a fare i baroni e instaurano delle vere e proprie entità 'politiche', quasi dei mini staterelli con i opropri 'uomini' a servizio.
E, per ben concludere, l'importanza della memoria, dei ricordi... solo questo, quello che abbiamo vissuto, ci aiuta a crescere. Ed è molto interessante, a mio avviso, che Zenzero voglia ricordare. E forse è anche più interessante che Cecella voglia ricordare, perché il suo è un ricordo d'amore.”
Il commento completo di VocedelSilenzio:
L'isola dei liombruni mi ha ricordato fin da subito altre due isole molto famose e che ho particolarmente amato: l'Isolachenonc'è e l'isola del signore delle mosche. E, in un certo senso, questa isola di De Feo è davvero un'unione tra le due "classiche", che mantiene gli aspetti più interessanti dei due romanzi fondendoli con grande capacità.
Dell'isola di Barrie, questa conserva il sogno dell'eterna giovinezza, la magia (anche se qui è indubbiamente una magia più oscura e potente) e il caos in senso 'panico' che ritroviamo in tutti questi ragazzini e che era forse tipico del famoso Peter.
Dell'isola di Golding si tiene invece l'idea di costruire una sorta di regno perfetto, bello e buono e giusto, che però sfocia nel disastro più totale e nella carneficina.
Ne esce un romanzo che io, personalmente, ho molto amato, forse anche perché segue una sorta di 'filone' iniziato con "Pan" di Dimitri, ossia un percorso di riscrittura di quelle storie, di quei miti che sono un background di svariate generazioni.
Ecco, se devo evidenziare una nota negativa, riguarda l'inizio. Ho fatto effettivamente fatica ad ambientarmi e quindi a entrare nel 'flusso' del romanzo. L'idea è di per sé un po' complessa da capire e all'inizio, dove poco viene rivelato e dove ci sono tutti questo nomi gergali che distinguono ragazze, ragazzi, esseri sovrannaturali, ecc., si riesce un po' a fatica a entrare nel mondo creato da De Feo.
Il tiro viene però poi raddrizzato e credo che tutto proceda per il meglio.
Il romanzo, non occorre neanche dirlo, si presta a più piani di lettura, seguendo ancora una volta la strada tracciada da Golding e dal forse più complesso Barrie.
In questo senso, però, la differenza tra Barrie e De Feo è abissale, nel senso che Peter Pan può essere letto tranquillamente come una fiaba, mentre L'isola dei liombruni non può essere letta solo come un racconto d'avventura e magia. Per poter apprezzare questo romanzo è per me indispensabile legarsi ad una sorta di messaggio, altrimenti risulterebbe quasi una storia senza senso.
In queste pagine io ho trovato un bel romanzo di formazione, che si fissa sull'idea di rimanere bambini, non fuggendo però come fece Peter, ma uccidendo tutti i grandi e uccidendo chiunque stia diventando grande (vedi le pelle incinte). Si tenta sempre, un po', di uccidere quello che sono stati i nostri genitori, specialmente a quall'età... ma poi si finisce col somigliargli.
Questo evidenzia subito anche un altro fattore, la non innocenza dei bambini, spesso visti come angioletti e qui tratteggiati come veri demoni.
E poi, la cosa che forse più mi è piaciuta, l'impossibilità di rimanere bambini. Questo gruppo di ragazzetti ci tenta, però poi giocano (o forse no?) a fare l'amore e le ragazze rimangono incinte; giocano a fare i baroni e instaurano delle vere e proprie entità 'politiche', quasi dei mini staterelli con i opropri 'uomini' a servizio.
E, per ben concludere, l'importanza della memoria, dei ricordi... solo questo, quello che abbiamo vissuto, ci aiuta a crescere. Ed è molto interessante, a mio avviso, che Zenzero voglia ricordare. E forse è anche più interessante che Cecella voglia ricordare, perché il suo è un ricordo d'amore.
Una citazione
da pagina 291
«Non è perché è incinta, non è per quello che lei vede in me, non è per come sono cambiato io. In tutti gli amori degli scalzi, in tutte le loro battaglie, stanotte bruciano le mie fiamme: ma il mio amore per Cecella era più antico della fiamma. Solo imbestiando l’ho capito».
«Cosa»
«Che era l’amore degli Alti. Non le passioni degli strusci e delle capere, non i baci tra i piccoli, mal’amore impuro, che fa di abbracci catene».
Zenzero dà un calcio alla sabbia. «Perché dici impuro?».
«Nel sogno di Primo c’è posto solo per chi non vive di tempo. Solo la fiamma conta, non le braci. E l’amore degli Alti è un amore di braci»
«Ecco, finalmente parli come uno scalzo: non si capisce un cazzo».
Smiccio gli scocca un’occhiata dura. «Invece hai capito benissimo. Tu sei l’unico, a parte le sibille, a ricordarti l’isola prima del sogno. E ti ricordi degli Alti com’erano».
«E quindi?».
«Lo sai di cosa parlo. Il genere d’amore che fa figli, e nei figli pesa come una condanna. E l’amore del sangue, nel sangue, per il sangue. Le ferite di Primo erano fatte di quest’amore».
Il Booktrailer
Quello che avete appena letto era il commento di Vocedelsilenzio, se volete leggere anche il commento completo di Chagall dovrete leggerlo nel blog di Vocedelsilenzio mentre il mio lo trovate proprio nel blog di Chagall.
Dovrete spostarvi da un blog all'altro, si tratta di un percorso movimentato il nostro, ma se così non fosse non sarebbe divertente, vi pare?