Cronache di Gaia prende il nome dalla saga fantascientifica di Claudia Tonin. Ma è anche un blog in cui parlare di libri, film, mare, natura e ogni cosa le passi per la testa.
Cronache di Gaia.
Un luogo di viaggio e di passaggio, benvenuti!
giovedì 30 settembre 2010
Adorabile canaglia
Alcuni post fa parlavo della grandissima Marilyn e di come adorassi “A qualcuno piace caldo”.
Purtroppo la notte scorsa è morto Tony Curtis, uno dei protagonisti proprio di quel film.
Certo aveva 85 anni e una vita piena e felice alle spalle, ma era uno dei miei attori preferiti, e mi spiace moltissimo.
La sua carriera è stata costellata di successi e di donne, per forza! Chi poteva resistere a questa adorabile canaglia?
Ci sono uomini attori bellissimi anche ora, ma se penso a lui, Marlon Brando e Paul Newman non so chi degli attuali giovani, a parità di anni, potrebbe reggere il confronto…
Addio Tony
venerdì 24 settembre 2010
Accabadora
Un romanzo delicato e forte allo stesso tempo. Una scrittura che mi è piaciuta moltissimo per la sua accuratezza e semplicità. La storia di Bonaria Uria e della sua figlia di anima Maria Listru è un viaggio in molte importante tematiche. Forse è troppo limitativo indicare l’eutanasia come tema del libro. C’è, inutile negarlo, ma è trattato con tale delicatezza da risultare solo una parte di quella che è la vicenda narrata.
Forse non avrò capito nulla, ma quello che mi rimane è il profondo senso materno che ruota intorno a queste due donne, entrambe mancanti di una parte che si sono trovate e cresciute assieme. Imparando una dall’altra.
Ho apprezzato molto anche i personaggi maschili, caratterizzati in poche righe e ben delineati psicologicamente. Ma anche il mondo sardo è componente essenziale del romanzo, con le sue tradizioni rurali e rituali.
Che sensazione strana leggere di una figlia d’anima in un altro dialetto, quando ero bambina anche una mia prozia ne aveva una che l’ha assistita fino all’ultimo. Prozia, mai sposata, sul cui comodino vi è sempre stata la foto del fidanzato disperso in Russia. Questa nostra lunga Italia nella sua origine contadina risulta più che mai unita nelle antiche tradizioni della terra. Come pure il fatto del confine, quante storie potrebbe raccontare mia nonna degli agguati notturni a difesa del poco che avevano.
E io? Io potrei raccontare come mi sia sembrato strano il nome del Piave associato a luogo di sangue e morte pensando che non vi è stata una sola estate della mia infanzia in cui il gioco più bello non fosse bagnarsi in quelle acque gelide, correndo magari a nascondersi dietro l’enorme monumento ai caduti della gloriosa Brigata Sassari. Che strano sentire una sarda fare il discorso sull’importanza dell’italiano e ripensare alle quasi identiche parole della mia maestra di seconda elementare che, emigrata in Belgio e tornata in Veneto, spiegava ad una madre che non poteva non insegnare l’italiano a suo figlio perché sarebbe stata una mancanza di rispetto per tutti quei morti che giacevano nell’ossario a pochi chilometri dalla nostra scuola.
Argomenti importanti, spezzoni di vita, riferimenti a paure enormi e angosce terribili. Eppure una delicatezza e una naturalezza che rendono il romanzo leggero come un soffio. E pesante come solo la vera leggerezza può essere.
martedì 21 settembre 2010
L’apprendista stregone
Oggi sono di corsa ma devo proprio sfogarmi e parlo di film.
E ne parlo male.
Ho visto “L’apprendista stregone” e che delusione!
Definirlo americanata è un complimento.
La scena più bella è senza dubbio la rivisitazione del famoso cartone con Topolino che combatte contro gli spazzettoni. Ma non è sufficiente a compensare il costo del biglietto.
Storia insulsa, attori sciapi, pure Nicolas Cage è amorfo, per non parlare della Bellucci, sempre bellissima, ma espressiva come un sasso.
Suppongo che il libro sia un tantino migliore della trasposizione cinematografica, ma nel timore di sbagliarmi credo mi farò passare la voglia di leggerlo.
domenica 19 settembre 2010
Il cerchio si è chiuso
Leggendo la quarta di copertina:
Elli Giordano è una ragazza di vent’anni con una vita normalissima, tutta famiglia, studio e amici. Se non fosse per quella sua particolarità: a volte ha l’impressione di poter percepire le emozioni e i pensieri altrui. Ma l’incontro con un uomo misterioso stravolgerà per sempre la sua esistenza. Cosa la lega a due organizzazioni segrete, a una stirpe leggendaria e a un ciondolo magico che giace inutilizzato da oltre settecento anni?
Accompagnata da persone straordinarie che intrecceranno indissolubilmente la loro vita con la sua, Elli scoprirà inquietanti segreti ed entrerà in un universo ignorato dal mondo intero. Da un giorno all’altro vedrà la sua vita minacciata da pericoli che non avrebbe mai potuto neanche immaginare.
Sarà un viaggio imprescindibile, un’avventura necessaria a comprendere la sua stessa natura. Una continua ricerca della risposta a un’unica, ineffabile domanda: chi è veramente Elli Giordano?
Un real fantasy di grande fascino, ambientato nell’odierna Palermo.
Loredana La Puma, Il cerchio si è chiuso
Il mio consiglio più spassionato è di leggerlo!
Premessa indispensabile: non sarò obiettiva.
Questo romanzo mi è piaciuto moltissimo. Ero stata avvisata, da amici cari e preparati, da altre recensioni, ma quando si trova conferma, leggendo, la soddisfazione è doppia.
Loredana La Puma mi ha regalato delle ore stupende dentro il fantastico mondo de “Il cerchio si è chiuso”.
Questa giovane scrittrice è la dimostrazione vivente di come ci siano dei validissimi scrittori anche tra i piccoli editori. Veramente il suo libro poteva essere inserito in una qualsiasi collana dei nostri maggiori editori. Scritto benissimo, forse, dico forse, ci sarà un refuso. Ma uno, cosa che alla Mondadori ultimamente se la sognano.
Curate descrizioni, approfondite analisi psicologiche, coerenze narrative. Nessuna sbavatura nella trama. Insomma un libro scritto veramente bene.
Quello che però mi ha colpita è che, a differenza di molti autori del fantastico italiano, i cui romanzi spesso sono intrisi di malinconia, in questo libro invece, anche nei momenti più difficili e drammatici, non c’è mai il buio. È un libro solare, in cui l’atmosfera generale è ricca di speranza.
Non mi vergogno nel dire che mi ha fatto piangere in più punti e che ho temuto per la vita del mio personaggio preferito tanto è stato il coinvolgimento mentre lo leggevo.
In calce vorrei solo dire: era ora! E basta attingere a tradizioni letterarie che non sono nostre. Con tutta la tradizione storica che abbiamo finalmente un’altra giovane che va a cercare nel nostro passato per creare un mondo fantasy credibile.
Dovrei dire qualcosa della trama ma temo di fare spoiler e quindi mi astengo. Aggiungo solo il mio personalissimo apprezzamento per i personaggi di Fabio e di Rita, unito alla soddisfazione di avere capito molto presto chi era la spia. Ma anche questo è merito dell’autrice.
giovedì 16 settembre 2010
martedì 14 settembre 2010
Caterina Percoto
Dove eravamo rimasti?
Al casello di Verona nord?
Bene alla fine sono arrivata a Mantova e di questo voglio parlare oggi.
Nel programma di Festivalletteratura lo presentavano così:
INTORNO A CATERINA PERCOTO (evento n° 41)
Torna su
In un intervento sponsorizzato non a caso dall'AIDDA (Associazione Imprenditrici e Dirigenti d'Azienda), Antonia Arslan, autrice tra gli altri di La Strada di Smirne, ha presentato nel meraviglioso scenario del teatro Bibiena Caterina Percoto, scrittrice sconosciuta ai molti ma il cui talento la vorrebbe citata nelle antologie al fianco di Giovanni Verga e Luigi Capuano.
Nata in un piccolo paese in provincia di Udine nel 1812, Cateriana Percoto vive un'esistenza dedicata alla scrittura in un tempo in cui si considerava persino disdicevole che le donne leggessero.
Narra nei suoi racconti una galassia sommersa, trame appassionate di voci femminili con una "grande e avvolgente pietà" e, come tutti i grandi, riesce ad essere attuale ancora oggi.
«Bisogna andare all'estero per vedere riconosciute queste grandi scrittrici» lamenta la Arslan, che poi cede il passo a un vero e proprio recital in cui brani da La donna di Osoppo e da La coltrice nuziale prendono vita grazie a Nicoletta Maragno, attrice e cantante dalle straordinarie qualità espressive, che impeccabile e toccante volteggia con scioltezza tra i vari personaggi impossessandosi di loro e conquistando tutti.
L’evento a cui sono andata è stato organizzato e sponsorizzato, per il quarto anno consecutivo, da Aidda, un’associazione molto speciale, di cui parlerò alla fine per non rubare spazio alla scrittrice.
Caterina Percoto di lei wikipedia dice:
Nata a San Lorenzo di Soleschiano (Comune di Manzano, in provincia di Udine) in Friuli, da una nobile famiglia di avvocati, artisti e uomini di lettere, fu l'unica bambina di sette figli.
Alla morte del padre, nel 1821, la sua famiglia si spostò ad Udine, e lei fu mandata nell'Educandato di Santa Chiara (oggi Educandato Uccellis), a scuola dalle suore. Da questo periodo, nacque nella scrittrice la forte avversione per l'educazione monacale delle donne, tema che Caterina Percoto difese per tutta la vita.
Nel 1828 incontrò il primo amore, un giovane di origine ebrea. Proprio per questo, la relazione fu duramente osteggiata sia dalla famiglia che dalle suore.
Nel 1829, lasciò il convento per ragioni di carattere economico. Dopo il suo ritorno a casa, cominciò a dedicarsi all'azienda di famiglia e all'educazione dei fratelli minori coadiuvata da don Pietro Comelli, già "fattore" dei conti Percoto e pievano del luogo. Comelli le diventerà presto guida spirituale e amico sincero. La carriera letteraria di Caterina Percoto ha inizio nel 1839, grazie a Don Comelli che inviò segretamente alla Favilla di Trieste il primo scritto di Caterina: un commento alla traduzione del Maffei di alcuni brani della Messiade di Klopstock. Iniziò così il rapporto di Caterina con l'editore Francesco Dall'Ongaro, che ben presto diventò suo mentore.
Immersa nei paesaggi friulani, supervisionando al lavoro nei campi e alla coltura dei bachi da seta, ritrasse nelle sue opere lo stagnante mondo di povertà del Friuli, sotto il dominio austriaco.
Nel 1841 apparirono sulla Favilla i primi racconti della Percoto. Il Dall'Ongaro la fa conoscere nel mondo letterario italiano.
Nel 1847, dopo un viaggio a Vienna, iniziò il lungo contatto epistolare con Carlo Tenca.Ma con la prima guerra di indipendenza, del 1848, i suoi scritti divennero politicamente più impegnati, e racconti come La donna di Osoppo e La coltrice nuziale, riscossero un grande successo negli ambienti patriottici.
Nell'ottobre 1852 morì il fratello Costantino, lasciandole il gravoso compito dell'educazione dei giovanissimi figli.
Negli anni cinquanta, inoltre, iniziò a scrivere in lingua friulana, e dopo due anni di trattative, con l'editore Le Monnier, il quale temeva che i titoli in friulano avrebbero infastidito gli Austriaci, nel 1863 uscirono due volumi di racconti. Gli ultimi anni di vita della scrittrice furono piuttosto sofferti, a causa delle sue precarie condizioni di salute, ma allo stesso tempo densi di avvenimenti ed incontri di particolare rilievo. Nel 1867, ad esempio, incontrò a Udine, Giuseppe Garibaldi in persona. L'anno successivo rifiutò la nomina a direttrice dell'Educandato di Santa Chiara (oggi Educandato Uccellis) e nel 1871 il ministro Cesare Correnti la nominò ispettrice degli educandati veneti. Nel 1878 e nel 1883 vengono pubblicate due raccolte di suoi racconti. Caterina Percoto morì il 15 agosto 1887 a Soleschiano ed è sepolta a Udine accanto al poeta Pietro Zorutti.
Quello che non dice wikipedia ce l’ha svelato una studiosa Elisabetta Feruglio, curatrice del romanzo. Caterina era una donna forte, indipendente ben inserita nel contesto sociale in cui viveva ma, nello stesso tempo, restia a sottostare alle regole dell’epoca che imponevano molti limiti alle donne e le obbligavano a occupazioni per lei ridicole. Amica dei maggiori narratori dell’epoca appartenente alla prima categoria degli scrittori, anche lei è scomparsa nelle galassia sommersa delle scrittrici italiane.
Come sostiene Antonia Arslan la nostra storia della letteratura è ricchissima di scrittrici brave di cui però non è rimasta traccia nelle antologie moderne. E pare assurdo che Elisabetta Feruglio abbia svolto il proprio dottorato di ricerca e analizzato Caterina Percoto a Cambridge mentre in Italia la stessa autrice sia semi sconosciuta.
Per concludere il mio plauso all’Associazione AIDDA composta da donne dirigenti d’azienda.
Mara Borriero, presidente della sezione regione veneto, introducendo l’incontro ha detto: “Noi crediamo che una sana economia non possa esistere né svilupparsi senza una solida cultura alle spalle”.
Serve dire altro?
venerdì 10 settembre 2010
In viaggio
Domani vi parlo di Caterina Percoto e della sua maestria nello scrivere.
Ma oggi vi narro le vicissitudini di tre impavide viaggiatrici sulle autostrade italiane.
Siamo partite nel primissimo pomeriggio, mangiando poco o nulla, per essere a Mantova in tempo.
Ieri si parlava di Caterina Percoto e soprattutto si ascoltava la voce di Antonia Arslan e Nicoletta Maragno, nessuna di noi avrebbe perso questa opportunità per un piatto di pasta.
Tutto bene fino a Verona, come al solito i camion tendono a buttarsi nella corsia di sinistra per sorpassare senza curarsi delle povere auto e delle loro atterrite occupanti, ma fin qui nulla di strano.
Si chiacchiera, si parla di libri, loro scrivono, io guido, poi arriviamo al bivio per Modena, ma ovviamente non può essere tutto facile tutto semplice.
Lavori in corso, sul bivio, uomini armati di corazza fosforescente e bandiera arancione intimano con gesti rituali, “rallentare, rallentare”, poi lo vedo: Homer Simpson!
Giuro uguale! Solo più rosa, lo fisso mentre mi fa cenno di andare piano e vado nella sua direzione, che non è Modena.
Cioè sbaglio.
«Nooooo!» esclamazione delle mie amiche in viaggio.
“Poco male usciamo a Verona nord e torniamo indietro” penso “tanto abbiamo il telepass!”
Già, peccato che suddetto attrezzo decida di finire la sua vita proprio durante quel tratto autostradale.
Entro spavalda, sia ringraziato il cielo, nella corsia a doppio utilizzo telepass e biglietto, ma la sbarra non si alza.
Il casellante allunga la mano, ma io più di stringerla e presentarmi non so che fare.
No panico. Sorrido e chiedo soccorso.
L’uomo, pure belloccio, e non troppo vecchio, mi guarda come fosse la sorella scema di Forrest Gump, alza gli occhi al cielo e
«Torni indietro tenendo alto il telepass» dice fissandomi con occhi di ghiaccio.
Ora, a parte che dietro avevo un tir slovacco che mi avrà maledetto da qui all’eternità in idioma a me, per fortuna, sconosciuto, non è che fare retromarcia con un braccio alzato sia proprio così agevole, specie se si guida un’auto non propria.
Arrivo in fondo e torno avanti, ma niente bip. Sbarra sempre giù.
Il casellante, che non aveva il minimo dubbio sul risultato dell’operazione, tanto da farmi credere che fosse stato solo uno spettacolino per gli operai in pausa sigaretta posti lì vicino, mi chiede:
«Dove è entrata signora?»
Rispondo per nulla imbarazzata, mentre le mie amiche preparano i soldi, però lui tecnologico e professionale mi carica l’importo sulla targa e me lo dice con sufficienza.
Lasciando trasparire quell’insofferenza mista a rassegnazione e rassicurazione, tipica degli uomini che li porta a considerare tutte le donne incapaci di guidare.
Sorriso mio a 32 denti con ammiccamento furbo (perché se le donne non sanno guidare è ben vero che sanno lusingare) e lui arrossisce, giuro, morissi adesso!
La sbarra si alza, ci giriamo e torniamo indietro e rientriamo nuovamente. Dobbiamo andare a Mantova!
La mia amica lo saluta con la mano mentre attraversiamo il casello.
In conclusione, una gran faccia tosta risolve tanti problemi!
martedì 7 settembre 2010
Pensando a un personaggio...
Quello che colpiva di più erano i suoi occhi.
Iridi castano dorate che sprofondate in occhiaie scure scrutavano con leggerezza il mondo circostante.
Occhi perennemente arrossati dalla fatica di scorgere quello che nessuno poteva vedere.
Finestre dell’anima che si spalancavano su ognuno di noi con potenza dirompente.
Nessuno rimaneva indifferente al suo fascino.
Un carattere gentile lo rendeva un compagno di chiacchiere piacevoli e di lunghe pause sigaretta.
Le donne, ma probabilmente anche gli uomini, ammiravano la grazia con cui le sue dita si muovevano, ne rimanevano affascinate.
Forse proprio il suo indolente muoversi nello spazio era ciò che per primo attirava lo sguardo ma poi tutto di lui scompariva incrociando i suoi occhi.
Quando lo vidi per la prima volta ero troppo impegnata a pensare alle molte occupazioni ancora da svolgere e lo notai, ma non subito, altri chiedevano la mia decisione e io non esitai a dargliela.
Il suo sguardo come pugnale conficcato nella carne mi faceva male.
Lo percepivo come concreta minaccia.
Con uno sforzo, usando violenza alla mia buona educazione, che imponeva di non spostare lo sguardo dall’interlocutore a cui mi stavo rivolgendo, voltai la testa verso di lui e ne fui travolta.
Quegli occhi non li ho più dimenticati.
Iridi castano dorate che sprofondate in occhiaie scure scrutavano con leggerezza il mondo circostante.
Occhi perennemente arrossati dalla fatica di scorgere quello che nessuno poteva vedere.
Finestre dell’anima che si spalancavano su ognuno di noi con potenza dirompente.
Nessuno rimaneva indifferente al suo fascino.
Un carattere gentile lo rendeva un compagno di chiacchiere piacevoli e di lunghe pause sigaretta.
Le donne, ma probabilmente anche gli uomini, ammiravano la grazia con cui le sue dita si muovevano, ne rimanevano affascinate.
Forse proprio il suo indolente muoversi nello spazio era ciò che per primo attirava lo sguardo ma poi tutto di lui scompariva incrociando i suoi occhi.
Quando lo vidi per la prima volta ero troppo impegnata a pensare alle molte occupazioni ancora da svolgere e lo notai, ma non subito, altri chiedevano la mia decisione e io non esitai a dargliela.
Il suo sguardo come pugnale conficcato nella carne mi faceva male.
Lo percepivo come concreta minaccia.
Con uno sforzo, usando violenza alla mia buona educazione, che imponeva di non spostare lo sguardo dall’interlocutore a cui mi stavo rivolgendo, voltai la testa verso di lui e ne fui travolta.
Quegli occhi non li ho più dimenticati.
lunedì 6 settembre 2010
Estasia
Danny Martine è un adolescente con molti e seri problemi.
Il padre è morto improvvisamente gettando nella disperazione la madre che dal giorno del loro incidente non è più riuscita a parlare.
Danny vorrebbe aiutarla e si strugge nell’angoscia, tanto che il suo rendimento scolastico ne risente e si prospetta una inevitabile bocciatura.
Il ragazzo per trovare pace al suo animo tormentato si rifugia nel suo luogo segreto. E lì inizia a raccogliere gli indizi che lo porteranno a Estasia.
Paese in cui Danny diviene il Bianco Prescelto, il solo che possa recuperare le nove pietre-luci per la corona della regina Darmha.
E’ un romanzo fantastico scritto molto bene, curato nei dettagli e con delle trovate veramente geniali. Specie alla fine. (Leggi nello specchio: stupendo! Lo so, non capite niente, pazienza, leggete il libro e capirete, non voglio fare spoiler)
Vi è tutto in questo romanzo, e mi è piaciuto particolarmente il palazzo dell’inverso con il suo chiudere il cerchio, in cui l’autore compie anche delle citazioni erudite che ho apprezzato molto.
Giustissimo il messaggio di fondo del romanzo che traspare senza catechizzare, e per i ragazzi mi pare perfetto.
Però, c’è un però, la malinconia pervade il romanzo.
Sarà una mia impressione ma Danny non è mai felice e sereno fino in fondo. Il padre che manca, manca sempre e per quanto straordinario sia il suo viaggio a Estasia non lo compensa della perdita del genitore.
Forse l’avrò letto io in un momento sbagliato, perché effettivamente non ci sono difetti, nè di trama, né di scrittura, semplicemente non mi ha coinvolta fino in fondo.
Ciò non toglie che sia un libro che consiglio agli amanti del genere fantastico, specialmente ai ragazzi, e che non veda l’ora di sapere come prosegue la trilogia.
domenica 5 settembre 2010
Lost in painting
In questi giorni mi sono persa.
Niente di strano, mi capita da sempre.
Quando ero una bambina ero perennemente cercata dai miei genitori.
Quando ero ragazza ero perennemente ricercata dalle mie amiche.
Anche ora mi perdo spesso e volentieri. Di solito nelle librerie.
Quando si trova qualcosa di così coinvolgente da richiedere tutti i nostri sensi ci si perde a se stessi e si entra nell’oggetto di perdizione.
Mi capita con i libri con più frequenza.
Ma anche con i luoghi magici.
E con l’arte.
Chi non si è perso guardando il David di Michelangelo?
O la Cappella Sistina?
O l’esercito di terracotta?
O, perdizione delle perdizioni, il cielo stellato e la luna?
Ieri mi sono persa nella pittura.
E come ogni volta che mi rapporto con la perfezione e la bellezza mi chiedo: quanta fatica e sudore costa realizzare qualcosa che paia semplice?
Nella mia opera di revisione del romanzo sto vivendo l’ossessione per il giusto termine e mi scopro a fissare le sillabe con la puntigliosità con cui il microscopio osserva il batterio. E credo di essere folle.
Ma ieri, un quarto d’ora prima dell’apertura della mostra, ho visto arrivare una pittrice armata di pennello e colore, per dare il tocco finale al suo quadro, che riteneva non perfetto.
Non ho potuto che sorridere, guardarla negli occhi e perdermi con lei.
opera di Giuseppe Gonella
Niente di strano, mi capita da sempre.
Quando ero una bambina ero perennemente cercata dai miei genitori.
Quando ero ragazza ero perennemente ricercata dalle mie amiche.
Anche ora mi perdo spesso e volentieri. Di solito nelle librerie.
Quando si trova qualcosa di così coinvolgente da richiedere tutti i nostri sensi ci si perde a se stessi e si entra nell’oggetto di perdizione.
Mi capita con i libri con più frequenza.
Ma anche con i luoghi magici.
E con l’arte.
Chi non si è perso guardando il David di Michelangelo?
O la Cappella Sistina?
O l’esercito di terracotta?
O, perdizione delle perdizioni, il cielo stellato e la luna?
Ieri mi sono persa nella pittura.
E come ogni volta che mi rapporto con la perfezione e la bellezza mi chiedo: quanta fatica e sudore costa realizzare qualcosa che paia semplice?
Nella mia opera di revisione del romanzo sto vivendo l’ossessione per il giusto termine e mi scopro a fissare le sillabe con la puntigliosità con cui il microscopio osserva il batterio. E credo di essere folle.
Ma ieri, un quarto d’ora prima dell’apertura della mostra, ho visto arrivare una pittrice armata di pennello e colore, per dare il tocco finale al suo quadro, che riteneva non perfetto.
Non ho potuto che sorridere, guardarla negli occhi e perdermi con lei.
opera di Giuseppe Gonella
mercoledì 1 settembre 2010
Che razza di gente
Che giornata!
Ho proprio bisogno de "Il grande Gasby" negli occhi e B.B. King nelle orecchie.
Se va avanti così, la mia fiducia nell'essere umano scenderà ai minimi storici e prenderò seriamente in considerazione l'opzione canina.
Pensandoci bene però la colpa è mia e del mio cronico-mancato-tempismo.
Perchè arrivo sempre troppo presto o troppo tardi?
Mistero!
citazione adatta al mio caso:
Più gente conosco, e più apprezzo il mio cane. (Socrate)
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