Cronache di Gaia prende il nome dalla saga fantascientifica di Claudia Tonin. Ma è anche un blog in cui parlare di libri, film, mare, natura e ogni cosa le passi per la testa.
Cronache di Gaia.
Un luogo di viaggio e di passaggio, benvenuti!
venerdì 10 settembre 2010
In viaggio
Domani vi parlo di Caterina Percoto e della sua maestria nello scrivere.
Ma oggi vi narro le vicissitudini di tre impavide viaggiatrici sulle autostrade italiane.
Siamo partite nel primissimo pomeriggio, mangiando poco o nulla, per essere a Mantova in tempo.
Ieri si parlava di Caterina Percoto e soprattutto si ascoltava la voce di Antonia Arslan e Nicoletta Maragno, nessuna di noi avrebbe perso questa opportunità per un piatto di pasta.
Tutto bene fino a Verona, come al solito i camion tendono a buttarsi nella corsia di sinistra per sorpassare senza curarsi delle povere auto e delle loro atterrite occupanti, ma fin qui nulla di strano.
Si chiacchiera, si parla di libri, loro scrivono, io guido, poi arriviamo al bivio per Modena, ma ovviamente non può essere tutto facile tutto semplice.
Lavori in corso, sul bivio, uomini armati di corazza fosforescente e bandiera arancione intimano con gesti rituali, “rallentare, rallentare”, poi lo vedo: Homer Simpson!
Giuro uguale! Solo più rosa, lo fisso mentre mi fa cenno di andare piano e vado nella sua direzione, che non è Modena.
Cioè sbaglio.
«Nooooo!» esclamazione delle mie amiche in viaggio.
“Poco male usciamo a Verona nord e torniamo indietro” penso “tanto abbiamo il telepass!”
Già, peccato che suddetto attrezzo decida di finire la sua vita proprio durante quel tratto autostradale.
Entro spavalda, sia ringraziato il cielo, nella corsia a doppio utilizzo telepass e biglietto, ma la sbarra non si alza.
Il casellante allunga la mano, ma io più di stringerla e presentarmi non so che fare.
No panico. Sorrido e chiedo soccorso.
L’uomo, pure belloccio, e non troppo vecchio, mi guarda come fosse la sorella scema di Forrest Gump, alza gli occhi al cielo e
«Torni indietro tenendo alto il telepass» dice fissandomi con occhi di ghiaccio.
Ora, a parte che dietro avevo un tir slovacco che mi avrà maledetto da qui all’eternità in idioma a me, per fortuna, sconosciuto, non è che fare retromarcia con un braccio alzato sia proprio così agevole, specie se si guida un’auto non propria.
Arrivo in fondo e torno avanti, ma niente bip. Sbarra sempre giù.
Il casellante, che non aveva il minimo dubbio sul risultato dell’operazione, tanto da farmi credere che fosse stato solo uno spettacolino per gli operai in pausa sigaretta posti lì vicino, mi chiede:
«Dove è entrata signora?»
Rispondo per nulla imbarazzata, mentre le mie amiche preparano i soldi, però lui tecnologico e professionale mi carica l’importo sulla targa e me lo dice con sufficienza.
Lasciando trasparire quell’insofferenza mista a rassegnazione e rassicurazione, tipica degli uomini che li porta a considerare tutte le donne incapaci di guidare.
Sorriso mio a 32 denti con ammiccamento furbo (perché se le donne non sanno guidare è ben vero che sanno lusingare) e lui arrossisce, giuro, morissi adesso!
La sbarra si alza, ci giriamo e torniamo indietro e rientriamo nuovamente. Dobbiamo andare a Mantova!
La mia amica lo saluta con la mano mentre attraversiamo il casello.
In conclusione, una gran faccia tosta risolve tanti problemi!
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