In questi giorni mi sono persa.
Niente di strano, mi capita da sempre.
Quando ero una bambina ero perennemente cercata dai miei genitori.
Quando ero ragazza ero perennemente ricercata dalle mie amiche.
Anche ora mi perdo spesso e volentieri. Di solito nelle librerie.
Quando si trova qualcosa di così coinvolgente da richiedere tutti i nostri sensi ci si perde a se stessi e si entra nell’oggetto di perdizione.
Mi capita con i libri con più frequenza.
Ma anche con i luoghi magici.
E con l’arte.
Chi non si è perso guardando il David di Michelangelo?
O la Cappella Sistina?
O l’esercito di terracotta?
O, perdizione delle perdizioni, il cielo stellato e la luna?
Ieri mi sono persa nella pittura.
E come ogni volta che mi rapporto con la perfezione e la bellezza mi chiedo: quanta fatica e sudore costa realizzare qualcosa che paia semplice?
Nella mia opera di revisione del romanzo sto vivendo l’ossessione per il giusto termine e mi scopro a fissare le sillabe con la puntigliosità con cui il microscopio osserva il batterio. E credo di essere folle.
Ma ieri, un quarto d’ora prima dell’apertura della mostra, ho visto arrivare una pittrice armata di pennello e colore, per dare il tocco finale al suo quadro, che riteneva non perfetto.
Non ho potuto che sorridere, guardarla negli occhi e perdermi con lei.
opera di Giuseppe Gonella
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