Alcuni mesi fa parlavo qui di Alan Bennet e del suo libro "Signore e signori".
Non a caso citavo due monologhi che avevo trovato assolutamente deliziosi "Un letto tra le lenticchie" e "La grande occasione" anche perchè li avevo trovati i più interessanti della raccolta. Ora sono molto felice perchè scopro che proprio questi due testi sono in cartellone in un teatro di Milano.
Se qualcuno fosse in zona ha un'occasione splendida di vederli rappresentati e per di più interpretati da due bravissime attrici: Licia Maglietta e Nicoletta Maragno.
Io non potrò andarci, ma sarei contenta se qualcuno ci riuscisse e poi mi dicesse la sua opinione.
Di seguito riporto un articolo de "Il corriere.it"
al Teatro Parenti Dal 26 novembre al 5 dicembre
Confessioni di Licia Maglietta
L’attrice napoletana interpreta Alan Bennett. «Erano testi nati per la tv, per la serie "Talking Heads"»al Teatro Parenti Dal 26 novembre al 5 dicembre
Confessioni di Licia Maglietta
L’attrice napoletana interpreta Alan Bennett. «Erano testi nati per la tv, per la serie "Talking Heads"»
Licia Maglietta
Un mese all'insegna di Alan Bennett, una delle penne più argute e sferzanti della drammaturgia inglese di questi ultimi vent'anni. È al debutto al Teatro Parenti Licia Maglietta, anche regista di se stessa e di Nicoletta Maragno, in «La grande occasione», mentre all'Elfo Puccini vedremo, tra una quindicina di giorni, il pluripremiato «The history boys». «Prima» nazionale dunque al Parenti per la Maglietta, che mette insieme due dei dodici monologhi scritti da Bennett per la BBC, «Un letto fra le lenticchie» e «La grande occasione», che dà il titolo allo spettacolo (entrambi sono pubblicati da Adelphi nella raccolta «Signori e signore»). «Erano testi nati per la tv, per la serie "Talking Heads", ripresi con telecamera fissa e interpretati da grandi attori, come Maggie Smith e Julie Walters, ma anche dallo stesso Bennett. Raramente ho trovato tanta acutezza di sguardo e feroce ironia», dice l'attrice napoletana. Niente male per il figlio di un macellaio dello Yorkshire, laureato a Oxford, a lungo docente di storia medievale ed esploso come scrittore e drammaturgo a metà degli anni Novanta.
Protagoniste dei due monologhi sono Susan (Maglietta), moglie alcolizzata di un vicario, e Lesley (Maragno), attricetta baldanzosa, che si ritrovano per caso nella cappelletta laterale di una chiesa. Entrambe dotate di una buona dose di inconsapevolezza, ritengono la prima che solo la commessa dello spaccio sappia che lei è alcolizzata, mentre lo sa tutta la parrocchia; la seconda di aver molto da offrire sia come attrice sia come persona. Due confessioni senza un confessore in cui Susan borbotterà su tutto il suo mondo odoroso di incenso e di ipocrisie, mentre Lesley, rivolgendosi a un angelo, racconterà le sue delusioni professionali. «Susan ha uno sguardo molto lucido e laico sulla questione della religione e della Chiesa», spiega ancora Licia Maglietta. «Lesley rappresenta il sottobosco cinematografico e televisivo. Per me sono le due facce di una stessa medaglia: cinema, tv o chiesa sono tutti luoghi di rappresentazione, su cui le due donne compiono un atto di denuncia, anche se una denuncia con molto sarcasmo e risate».
La grande occasione. Teatro Parenti. Ore 21.15 (da mart. a ven.) e 19. 30 (merc. e sab.). Fest. 16.30. V. Pier Lombardo 14. Tel. 02.59.99.52.06. Euro 32-10. Dal 26 novembre al 5 dicembre.
Claudia Cannella
22 novembre 2010(ultima modifica: 26 novembre 2010)
La bella e bravissima Nicoletta Maragno
Cronache di Gaia prende il nome dalla saga fantascientifica di Claudia Tonin. Ma è anche un blog in cui parlare di libri, film, mare, natura e ogni cosa le passi per la testa.
Cronache di Gaia.
Un luogo di viaggio e di passaggio, benvenuti!
lunedì 29 novembre 2010
domenica 28 novembre 2010
Qualcosa che non c'è
Trovo la domenica sera uno dei momenti più densi di malinconia che esistano.
Ascolterò Elisa, lei sa sconfiggerla senza farla passare
Ascolterò Elisa, lei sa sconfiggerla senza farla passare
sabato 27 novembre 2010
L'anello di fuoco. Century
Eccomi qui!
Pensavate di esservi liberati della sottoscritta, dite la verità?
Invece no!
Tornata più in forma che mai, o quasi ^^
In questi tre giorni di malattia non potevo certo affrontare Joanne Harris, così considerato anche che sabato, cioè oggi, mi scadeva il prestito di “Century. L’anello di fuoco” di Baccalario me lo sono letto.
Premetto che non avevo mai, dico mai, letto niente di Baccalario.
In effetti non sapevo nulla della sua esistenza finchè qualche settimana fa MP Black non me ne ha parlato.
Così, per colmare questa mia immensa lacuna, ho preso in prestito questo libro.
Potevo prendere un Ulysse Moore direte voi, troppo facile!
Così ho letto questo delizioso romanzo. E già dall’aggettivo “delizioso” si capisce che mi è piaciuto.
due parole sulla trama rubate da aNobii:
29 dicembre, Roma: è notte e un uomo corre affannosamente lungoil Tevere. Tra le mani stringe una valigetta nera. Sta cercando quattroragazzi. Nello stesso momento, Elettra, Sheng, Mistral e Harvey escono dinascosto dalla loro camera d'albergo per esplorare la città sommersa dallaneve. Fino a poche ore prima non si conoscevano, adesso hanno appena scopertodi avere qualcosa in comune: sono nati tutti lo stesso giorno, il 29 febbraio.Quando l'uomo li vede, non ha dubbi: sono loro. Affida il suo preziosobagaglio a Elettra e scappa. Dentro la valigetta c'è una strana mappa dilegno... La sfida è iniziata.
Leggere questo libro è stato come sedersi sul divano e guardare la puntata di un bel cartone animato.
Nel senso migliore del termine.
Un romanzo che proprio si “vede”.
I personaggi sono bel delineati, li si immagina benissimo, le ambientazioni, i cattivi e Roma.
Ahhh Roma! Qualsiasi libro ambientato a Roma ha subito tutta la mia attenzione!
La storia è originale.
Ogni cento anni quattro ragazzi devono affrontare qualcosa, (non si sa bene cosa) e i quattro amici dei nostri giorni: Elettra, Mistral, Harvey e Sheng, nati l’incredibile 29 febbraio si trovano coinvolti nella ricerca dell’Anello di fuoco.
Subito però questa cerca viene funestata dalla morte di una persona e questo è il punto di divisione con la tradizione millenaria e l’inizio dell’avventura vera e propria.
Non che si capisca bene cosa sia, non ci sono grandi spiegazioni, ma solo il primo romanzo dei quattro che compongono la saga. Inoltre è scritto per giovani adulti e di solito questi lettori sono più pazienti di noi adulti.
Lo stile di Baccalario mi piace proprio, è simpatico, accattivante e, oltre a scrivere benissimo, riesce a ben calibrare i cambi di prospettiva senza confondere il lettore.
Certo ci sono sbavature e scollamenti, non lo posso negare, ma confido che nei rimanenti volumi della saga il tutto si risolva.
Pensavate di esservi liberati della sottoscritta, dite la verità?
Invece no!
Tornata più in forma che mai, o quasi ^^
In questi tre giorni di malattia non potevo certo affrontare Joanne Harris, così considerato anche che sabato, cioè oggi, mi scadeva il prestito di “Century. L’anello di fuoco” di Baccalario me lo sono letto.
Premetto che non avevo mai, dico mai, letto niente di Baccalario.
In effetti non sapevo nulla della sua esistenza finchè qualche settimana fa MP Black non me ne ha parlato.
Così, per colmare questa mia immensa lacuna, ho preso in prestito questo libro.
Potevo prendere un Ulysse Moore direte voi, troppo facile!
Così ho letto questo delizioso romanzo. E già dall’aggettivo “delizioso” si capisce che mi è piaciuto.
due parole sulla trama rubate da aNobii:
29 dicembre, Roma: è notte e un uomo corre affannosamente lungoil Tevere. Tra le mani stringe una valigetta nera. Sta cercando quattroragazzi. Nello stesso momento, Elettra, Sheng, Mistral e Harvey escono dinascosto dalla loro camera d'albergo per esplorare la città sommersa dallaneve. Fino a poche ore prima non si conoscevano, adesso hanno appena scopertodi avere qualcosa in comune: sono nati tutti lo stesso giorno, il 29 febbraio.Quando l'uomo li vede, non ha dubbi: sono loro. Affida il suo preziosobagaglio a Elettra e scappa. Dentro la valigetta c'è una strana mappa dilegno... La sfida è iniziata.
Leggere questo libro è stato come sedersi sul divano e guardare la puntata di un bel cartone animato.
Nel senso migliore del termine.
Un romanzo che proprio si “vede”.
I personaggi sono bel delineati, li si immagina benissimo, le ambientazioni, i cattivi e Roma.
Ahhh Roma! Qualsiasi libro ambientato a Roma ha subito tutta la mia attenzione!
La storia è originale.
Ogni cento anni quattro ragazzi devono affrontare qualcosa, (non si sa bene cosa) e i quattro amici dei nostri giorni: Elettra, Mistral, Harvey e Sheng, nati l’incredibile 29 febbraio si trovano coinvolti nella ricerca dell’Anello di fuoco.
Subito però questa cerca viene funestata dalla morte di una persona e questo è il punto di divisione con la tradizione millenaria e l’inizio dell’avventura vera e propria.
Non che si capisca bene cosa sia, non ci sono grandi spiegazioni, ma solo il primo romanzo dei quattro che compongono la saga. Inoltre è scritto per giovani adulti e di solito questi lettori sono più pazienti di noi adulti.
Lo stile di Baccalario mi piace proprio, è simpatico, accattivante e, oltre a scrivere benissimo, riesce a ben calibrare i cambi di prospettiva senza confondere il lettore.
Certo ci sono sbavature e scollamenti, non lo posso negare, ma confido che nei rimanenti volumi della saga il tutto si risolva.
giovedì 25 novembre 2010
mercoledì 24 novembre 2010
Metti una mattina a parlare de "I promessi sposi"
Primo: non sono impazzita!
Oggi al lavoro si parlava de "I promessi sposi"...
Non sono un'insegnante, ho solo dei folli(nel senso di pazzi da legare) di colleghi di lavoro con i quali si inizia un discorso e non si sa mai dove si va a parare.
Siamo partiti parlando di un compito dato ad un figlio di una mia collega e siamo arrivati alla parodia divertentissima del Trio Marchesini-Solenghi-Lopez de "I promessi sposi". Ma non volevo parlare di loro tre, anche perchè meriterebbero un post tutto loro!
Mi sono chiesta quale personaggio de "I promessi sposi" mi piaceva di più.
Ovviamente Gertrude!
Così, attraerso il perverso funzionamento delle mie sinapsi, sono arrivata a Lella Costa, che adoro smodatamente, ed eccomi qui a consigliare la lettura di questo libro:
La Sindrome di Gertrude
riporto dal sito della Rizzoli alcune spiegazioni
GERTRUDISMO s.m. Neologismo liberamente ispirato al noto
personaggio manzoniano, indica la tendenza compulsiva
e a tratti patologica a rispondere affermativamente a proposte,
richieste e provocazioni, quasi mai valutandone con
attenzione le conseguenze. La risposta non comporta
necessariamente sventura, talvolta qualche ripensamento.
Dice Andrea Càsoli che forse non è del tutto chiaro il titolo di questo libro. Per me invece è chiarissimo. Ovvio: la sindrome di Gertrude è quella che ha portato la Signora in questione, meglio nota come monaca di Monza, a rispondere di sì a uno che invece avrebbe fatto meglio a ignorare. Per passione, per noia, per ribellione, per curiosità, per sfinimento, perché sapeva resistere a tutto tranne che alle tentazioni.
Ecco, io più o meno funziono così: quando mi chiedono qualcosa, tendo a rispondere di sì. L’idea che a qualcuno possa interessare un libro su di me, detto tra noi, continua un po’ a turbarmi. Però in fondo mi piace, e anche tanto, e mi lusinga un po’, anzi parecchio. A patto, naturalmente, che sia chiaro in partenza ciò che questo libro non è e non vuole essere: niente agiografia, niente pettegolezzo, niente eccesso di autoreferenzialità; piuttosto il gusto di provare a raccontare quella sorta di molteplicità che ha finito per caratterizzare la mia vita.
Dunque, in sintesi (quella di Càsoli: io ne sono priva), in questo libro racconterò di carcere e cinema, scarpe e solidarietà, teatro e teiere, musica e memoria, doppiaggio e diritti civili; ma anche di musicisti, attrici, cantanti, scrittori, poetesse, stilisti (wow!), soubrette, registi, chirurghi, e soprattutto di quegli esseri di sovrumana generosità che vanno sotto l’etichetta riduttiva di “pubblico”.
In questo libro ci siete anche voi, con me.
Parola di Gertrude.
Andrea Càsoli è nato a Reggio Emilia, ha studiato a Bologna, (soprav)vive a Milano di collaborazioni editoriali e giornalistiche.
Scroll upScroll downLella Costa
Lella Costa non è figlia d’arte, anche se d’arte visse e vive; non ha un nome d’arte, ma solo un diminutivo, con cui è chiamata da sempre, visto che per l’anagrafe è Gabriella; e se di arte un pochino forse, ormai, ne ha, di parte continua a interpretarne ostinatamente una: se stessa. I testi dei suoi spettacoli teatrali sono tutti pubblicati da Feltrinelli, raggruppati nei seguenti volumi: La daga nel loden (1992), Che faccia fare (1998), In tournée (2002), Amleto, Alice e la Traviata (2008).
Oggi al lavoro si parlava de "I promessi sposi"...
Non sono un'insegnante, ho solo dei folli(nel senso di pazzi da legare) di colleghi di lavoro con i quali si inizia un discorso e non si sa mai dove si va a parare.
Siamo partiti parlando di un compito dato ad un figlio di una mia collega e siamo arrivati alla parodia divertentissima del Trio Marchesini-Solenghi-Lopez de "I promessi sposi". Ma non volevo parlare di loro tre, anche perchè meriterebbero un post tutto loro!
Mi sono chiesta quale personaggio de "I promessi sposi" mi piaceva di più.
Ovviamente Gertrude!
Così, attraerso il perverso funzionamento delle mie sinapsi, sono arrivata a Lella Costa, che adoro smodatamente, ed eccomi qui a consigliare la lettura di questo libro:
La Sindrome di Gertrude
riporto dal sito della Rizzoli alcune spiegazioni
GERTRUDISMO s.m. Neologismo liberamente ispirato al noto
personaggio manzoniano, indica la tendenza compulsiva
e a tratti patologica a rispondere affermativamente a proposte,
richieste e provocazioni, quasi mai valutandone con
attenzione le conseguenze. La risposta non comporta
necessariamente sventura, talvolta qualche ripensamento.
Dice Andrea Càsoli che forse non è del tutto chiaro il titolo di questo libro. Per me invece è chiarissimo. Ovvio: la sindrome di Gertrude è quella che ha portato la Signora in questione, meglio nota come monaca di Monza, a rispondere di sì a uno che invece avrebbe fatto meglio a ignorare. Per passione, per noia, per ribellione, per curiosità, per sfinimento, perché sapeva resistere a tutto tranne che alle tentazioni.
Ecco, io più o meno funziono così: quando mi chiedono qualcosa, tendo a rispondere di sì. L’idea che a qualcuno possa interessare un libro su di me, detto tra noi, continua un po’ a turbarmi. Però in fondo mi piace, e anche tanto, e mi lusinga un po’, anzi parecchio. A patto, naturalmente, che sia chiaro in partenza ciò che questo libro non è e non vuole essere: niente agiografia, niente pettegolezzo, niente eccesso di autoreferenzialità; piuttosto il gusto di provare a raccontare quella sorta di molteplicità che ha finito per caratterizzare la mia vita.
Dunque, in sintesi (quella di Càsoli: io ne sono priva), in questo libro racconterò di carcere e cinema, scarpe e solidarietà, teatro e teiere, musica e memoria, doppiaggio e diritti civili; ma anche di musicisti, attrici, cantanti, scrittori, poetesse, stilisti (wow!), soubrette, registi, chirurghi, e soprattutto di quegli esseri di sovrumana generosità che vanno sotto l’etichetta riduttiva di “pubblico”.
In questo libro ci siete anche voi, con me.
Parola di Gertrude.
Andrea Càsoli è nato a Reggio Emilia, ha studiato a Bologna, (soprav)vive a Milano di collaborazioni editoriali e giornalistiche.
Scroll upScroll downLella Costa
Lella Costa non è figlia d’arte, anche se d’arte visse e vive; non ha un nome d’arte, ma solo un diminutivo, con cui è chiamata da sempre, visto che per l’anagrafe è Gabriella; e se di arte un pochino forse, ormai, ne ha, di parte continua a interpretarne ostinatamente una: se stessa. I testi dei suoi spettacoli teatrali sono tutti pubblicati da Feltrinelli, raggruppati nei seguenti volumi: La daga nel loden (1992), Che faccia fare (1998), In tournée (2002), Amleto, Alice e la Traviata (2008).
lunedì 22 novembre 2010
Storia di Geshwa Olers
La faida dei Logontras
“Storia di Geshwa Olers” si divide in sette tomi, scritti da autori differenti, raccolti e curati da Elior Odentorth.
Il primo volume “Geshwa Olers e il viaggio nel Masso Verde” era narrato da Nildon Lonstat e aveva il sapore di una fiaba per bambini e narrava il breve viaggio del grande Geshwa dalla sua casa Senfe attraverso il Masso Verde.
Questo secondo volume invece è scritto da un tal Anonimo Grodestiano. Il lettore lo viene a sapere subito, nella prima pagina in cui può anche scoprire i titoli dei prossimi volumi.
Ora esco dalla finzione di Fabrizio Valenza per iniziare a parlare del romanzo.
Per prima cosa il progetto di Valenza di far apparire i volumi scritti da persone diverse è pienamente riuscito. Il signor Anonimo Grodestiano ha uno stile molto lontano da Nildon Lonstat.
In questo secondo volume Geshwa intraprende la carriera militare e lasciato il suo amico Nargolìan si arruola nell’esercito di Grodestà. La prima parte del romanzo è un vero e proprio addestramento militare in cui seguiamo il protagonista nella sua evoluzione fisica e mentale verso l’età adulta. La seconda parte invece è la soluzione della faida che da il titolo al libro.
In questo secondo romanzo della saga impariamo a conoscere meglio il mondo creato da Valenza. Entriamo nel vivo delle dinamiche dinastiche del regno e dell’organizzazione magica. Una magia letteraria veramente affascinante in cui il mago violando la natura anzi, forzando la natura, deve cedere una parte di sé per ogni magia che compie. Il mondo di Stedon è presentato con maggiore approfondimento e al termine del romanzo ci sono anche delle interessanti appendici che ci spiegano meglio la divisione oraria e il culto di Eus.
Colgo però l’occasione per chiedere un indice dei nomi dei personaggi. Districarsi nella genealogia degli Ailone e dei Logontras ha richiesto che facessi uno schema sulla falsa riga di quello che feci per “Cent’anni di solitudine”. Divertente in sé ma, per il prossimo volume, se l’autore volesse provvedere sarebbe un grande aiuto per i lettori.
Ma a parte questo piccolo appunto la narrazione è precisa, affascinante e il lettore rimane incantato dalle descrizioni e dai dialoghi. Alla fine del libro pare proprio di esserci stati sul serio dentro la Nimido Logontras.
Mi sono piaciuti moltissimo i personaggi minori, i vari soldati che si avvicendano accanto a Geshwa, con pochi rapidi tratti l’autore ce li fa conoscere, amare e odiare. Continua invece ad essere un mistero per me il protagonista. Non si può certo dire che si faccia amare, ma brilla per la sua intelligenza e per il suo coraggio, come deve essere un eroe.
Il romanzo è avvincente e il giallo, perché c’è anche un assassino da scovare, è molto intrigante. Insomma c’era veramente molta carne al fuoco e il pericolo era un brutto arrosto, invece tutti i dubbi vengono sciolti, i quesiti risolti. O almeno quelli aperti in questo libro.
Non si può certo pensare di avere tutte le risposte visto che mancano ancora cinque volumi alla fine.
Un merito di questo romanzo, però, è il fatto di non essere completamente dipendente dal resto della storia.
Non è autoconclusivo, certo, ma leggendolo non si ha la spiacevole sensazione di passaggio che ho9 avvertito leggendo molti libri secondi delle saghe fantasy. È un romanzo che può benissimo essere letto da solo e ha comunque un suo senso compiuto.
Io, comunque, non vedo l’ora di leggere il terzo, pardon, lo scritto dell’Oscuro Tearca: “Il cammino di un mago”.
giovedì 18 novembre 2010
Aryn
(Questo è un regalino per M.P. Black, ma potete leggere tutti!)
Io sono Ines, la madre di Ryan.
Nei secoli mio figlio è stato chiamato in molti modi: folle, assassino, traditore…
Eppure, il giorno in cui lo tenni in braccio per la prima volta, era solo Ryan.
Nessuno avrebbe potuto scorgere, nello sguardo indagatore dei suoi innocenti occhi neri, la scintilla del genio che sarebbe divenuto da adulto.
Ora, che finalmente il mio sposo, mi ha raggiunta, posso lasciare questo luogo.
Ma la mia mente vaga ancora tra i giorni lontani, in cui il nostro bambino aveva lunghi capelli scuri, e correva accanto a Myros, inseguendo le libellule.
Ero la primogenita del Re.
I miei poteri erano incomparabili, superavano quelli di mio padre e di mia madre, ma non potevo regnare su Estreira.
La rabbia e l’invidia, verso mio fratello Nicolas, hanno corroso il mio animo, come la ruggine il ferro.
Quando conobbi lui, l’unico uomo che potesse tenermi testa, lo sposai.
Causando la sua e la mia infelicità.
Lui mi amava, io no.
Volevo un alleato, qualcuno con cui combattere la mia guerra, lui voleva una famiglia e una sposa.
Tanti e tali errori hanno guidato i miei passi nel viaggio della vita, fino al baratro finale, ma una sola cosa potrà salvare la mia memoria.
Mia figlia Aryn.
mercoledì 17 novembre 2010
Stupidità
Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana. Della prima non sono sicuro. (Albert Einstein)
Il problema dell'umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi. (Bertrand Arthur William Russell )
La stupidità deriva dall'avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall'avere, per ogni cosa, una domanda. (Milan Kundera)
Ma soprattutto:
Stupido è chi lo stupido fa (Signora Gump)
martedì 16 novembre 2010
Una telefonata
">
Un vecchio spot della SIP, allora la TELECOM si chiamava così, con protagonista Massimo Lopez, aveva come slogan: "Una telefonata ti allunga la vita"
Beh oggi mi è proprio capitato questo!
Una telefonata troppo lunga mi ha evitato uno spiacevole accidente.
Evitare le seccature e le persone moleste si può ben dire che "allunga la vita"!
Un vecchio spot della SIP, allora la TELECOM si chiamava così, con protagonista Massimo Lopez, aveva come slogan: "Una telefonata ti allunga la vita"
Beh oggi mi è proprio capitato questo!
Una telefonata troppo lunga mi ha evitato uno spiacevole accidente.
Evitare le seccature e le persone moleste si può ben dire che "allunga la vita"!
lunedì 15 novembre 2010
Il pittore e la modella
Poichè al mondo c'è così tanta bellezza che a volte mi viene da piangere, come diceva il protagonista di American Beauty, non si può limitare la bellezza solo ai libri, si deve spaziare!
A Treviso è appena stata inaugurata una mostra di pittura devo proprio andare a vedere.
Riporto di seguito un articolo de Il Corriere del Veneto
Il pittore e la modella tra mito e leggenda
Le donne degli artisti, da Boccioni a Picasso e De Chirico. La grande mostra a Ca’ dei Carraresi a fine anno
«Il pittore e la modella. Dal Romanticismo a Picasso e oltre…». La fragile e delicata Jeanne Hébuterne compagna di Amedeo Modigliani o la volitiva Gala, moglie di Salvador Dalì, sono tra le muse più celebri nella storia dell’arte contemporanea. Un ruolo complesso e talvolta sottovalutato, quello della modella di un pittore, che però la Fondazione Cassamarca ha voluto ricordare, con una grande mostra a Casa dei Carraresi che aprirà i battenti nel novembre 2010. «Il pittore e la modella. Dal Romanticismo a Picasso e oltre…» questo è il titolo scelto per l’esposizione che si annuncia decisamente all’altezza delle prestigiose rassegne che l’hanno preceduta. Curata dal professor Nico Stringa, docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, la mostra in programma a Treviso ripercorrerà le immagini femminili degli ultimi due secoli di pittura, con artisti quali: Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Giovanni Boldini, Pierre Bonnard, Edward Burne - Jones, Felice Carena, Felice Casorati, Lovis Corinth, Gustave Courbet, Salvador Dalì, Giorgio De Chirico, Edgar Degas, Giacomo Favretto, Ferruccio Ferrazzi, Paul Gauguin, Mariano Fortuny, Renato Guttuso, Jean- Auguste- Domenique Ingres, Ernst Ludwig Kirchner, Yves Klein, Piero Manzoni, Amedeo Modigliani, Pino Pascali, Pablo Picasso, Marius Pictor, Michelangelo Pistoletto, Pierre – Auguste Renoir, Dante Gabriel Rossetti, Mario Sironi, Armando Spadini, Federico Zandomeneghi.
Mogli, madri, compagne, figlie, sorelle o amanti, le immagini di queste donne hanno indiscutibilmente contribuito al processo creativo. «Quello del pittore e la modella è un tema lanciato dalla pittura romantica sulla scorta del mito di Raffaello e la Fornarina ed ha avuto poi una fortuna ininterrotta fino alla fine del Novecento, in coincidenza con l’affermarsi del nuovo ruolo della donna come artista – riporta la nota del Fondazione Cassamarca, che annuncia l’evento - Il rapporto tra la donna e l’arte, donna musa e ispiratrice, mito e leggenda, sono diventati realtà nel corso dell’Ottocento e Novecento, addirittura consuetudine, per trasformarsi nuovamente in una mitologia quotidiana a cui si è espressamente dedicato Picasso nel grandioso ciclo eseguito negli anni ’60». Le muse nella pittura però non sono sempre state legate da rapporto affettivo con l’artista o da un legame familiare: come non ricordare allora le sensuali odalische di Ingres o le fanciulle polinesiane di Gauguin, modelle improvvisate, che inconsapevolmente incarnano una femminilità ideale. Il repertorio di questo soggetto è vastissimo e va dai ritratti su commissione di aristocratiche nobildonne, ai paesaggi con figura, acquisendo quasi l’importanza di un genere assestante, una sorta di tema trasversale che ha ispirato sempre, trovando nuovi spunti e differenti espressioni di stile in stile.
[...] Creature dalla personalità e dall’immagine intensa che hanno saputo far vibrare le corde della creatività, le modelle sono diventate nei casi più celebri, emblemi di sentimenti, stati d’animo o elementi caratteriali, entrando a far parte dell’iconografia collettiva.
Il corpo della donna.
Per una volta sarà bello guardare senza recriminare, senza pensare, perdendosi solo nello splendore di rifletti perlacei e in morbide curve.
Senza dover pensare alla mercificazione di quel corpo, a come sia difficile avere un corpo e una testa consapevole di esso.
So che potrà sembrare assurdo ma dovere affermare sempre di essere qualcosa di più di un corpo e dovere costantemente combattere per dimostrarlo è tremendamente stancante.
Ecco, questa è una mostra da guardare senza sentirsi in colpa e ringraziare chi ha saputo nei secoli svelare, e mostrare una bellezza quasi divina.
venerdì 12 novembre 2010
Ridiamo!
E' certo!
La risata ce l'abbiamo nel DNA.
L'ANSA batte questa notizia, bella per una volta.
I bambini nascono già sapendo ridere, tutte le altre espressioni emotive vengono acquisite, ma la risata, quella fa parte di loro.
Che meraviglia pensare che siamo tutti nati per ridere!
E che tristezza pensare che durante la vita impariamo a piangere...
Se farsi una bella risata è un atteggiamento istintivo, ben venga la parte animale che c'è in noi!
E con questa bella risata vi auguro uno splendido week end!
La risata ce l'abbiamo nel DNA.
L'ANSA batte questa notizia, bella per una volta.
I bambini nascono già sapendo ridere, tutte le altre espressioni emotive vengono acquisite, ma la risata, quella fa parte di loro.
Che meraviglia pensare che siamo tutti nati per ridere!
E che tristezza pensare che durante la vita impariamo a piangere...
Se farsi una bella risata è un atteggiamento istintivo, ben venga la parte animale che c'è in noi!
E con questa bella risata vi auguro uno splendido week end!
martedì 9 novembre 2010
Il sangue e il traditore
Il sangue e il traditore
Un unico commento per due libri.
In origine erano uno, poi nella traduzione sono diventati due. Non commento la scelta editoriale, ma commento il libro come l’ha concepito l’autrice: unito.
Imriel è tornato a casa, ora è il figlio adottivo di Phèdre e di Joscelin. Trascorre quattro anni finalmente sereni in Terra d’Ange. Almeno fino alla notizia che la sua vera madre Mélisande Shahrizai è fuggita dalla Serenissima.
La storia inizia con un prologo meraviglioso che racchiude in sé tutta la controversa personalità di Imriel.
Si può esser buoni quando si è conosciuto un male così profondo da corrompere anche l’animo più puro?
Si può perseguire il bene se nel proprio sangue, impresso come un marchio nel DNA, c’è la predisposizione a fare soffrire le persone?
In questo romanzo il giovane Imriel cercherà di trovare una risposta ma non intendo proprio fare spoiler per darvi la risposta!
Come per la trilogia di Phèdre si tratta del viaggio e del ritorno a casa di un giovane che parte ragazzino e torna uomo.
Personaggi nuovi entrano in scena come il suo migliore amico Eamonn di Dialdria, le principesse Alais e Sidonie de La Courcel,Claudia Fulvia, Lucius, Gilot, e molti altri. Joscelin e Phedre si fanno da parte, anzi sono messi da parte per lasciare posto al nuovo protagonista. Un po’ mi mancano. Mi manca Phèdre, non è più lei. Ma ora la voce narrante è quella di Imriel e anche Phèdre, come le donne viste dagli occhi dei figli non sono più loro, deve sottostare a questa legge di natura.
Per un attimo però Imriel la vede veramente per ciò che lei è e questo scatena la sua fuga.
La prima parte del romanzo, cioè il romanzo n. 1 dell’edizione italiana, è parecchio duro.
Ci sono i ricordi di Darsaga che sono veramente forti con parti molto crudeli.
La scoperta del mondo sessuale da parte dell’adolescente Imriel è psicologicamente curata ma a volte troppo compiaciuta. In ogni caso la bravura dell’autrice è quella di non scadere mai nella volgarità e nello stesso tempo di non aver paura di dire le cose come stanno. Almeno per il personaggio di Imriel.
La seconda parte con l’assedio di Lucca, l’entrata in scena della Gilda Invisibile e il ritorno a casa sono la naturale conclusione del percorso di crescita del protagonista mentre, sullo sfondo, la cattiva dei cattivi appare sempre meno crudele e sempre più umana.
Una nota che mi farebbe sorridere, se non facesse riflettere con amarezza, è che pure nel mondo medioval-fantasy della Carey il paese più arretrato d’Europa, dal punto di vista della parità e del rispetto nel confronto delle donne, è Cardiccas Unitas: l’Italia.
Mentre ovunque, anche nei paesi cosiddetti “barbari” le donne prendono parte alle riunioni sulle decisioni riguardanti le rispettive nazioni, a Lucca, l’agguerrita Claudia Fulvia, per assistere deve sostenere uno scontro vivacissimo con Gallus. Che tristezza!
In conclusione questo primo capitolo della nuova trilogia mi è molto piaciuto, perché anche l’autrice è maturata. Resta la solita maestria nella descrizione di luoghi e situazioni scabrose mentre aumenta l’introspezione psicologica dei personaggi e l’affondo nell’oscurità dell’animo umano.
Da leggere.
giovedì 4 novembre 2010
Il trono e la stirpe
Ce l'ho!
Me l'ha consegnato Bartolini pochi minuti fa, ed è tra le mie mani!
Non vedo l'ora di leggerlo!
Di che sto parlando?
Ma del primo volume (che in Italia è stato diviso in due...grrr) della nuova trilogia di Jacqueline Carey, dedicata interamente a Imriel.
Alcuni, anzi molti lettori, si sono lamentati perchè questa nuova trilogia non sarebbe all'altezza di quella di Phèdre.
Leggeremo...
Intanto vi lascio qualche informazione aggiuntiva:
"Rapito quand’era solo un bambino, venduto come schiavo e costretto a sopportare terribili torture, il principe Imriel de la Courcel è stato tratto in salvo e adottato da Phèdre, non soltanto un’abilissima spia, ma anche un’anguissette, cioè una persona capace di mescolare la sofferenza e il piacere per natura e non per costrizione. Una volta tornato a corte, però, Imriel non può dirsi al sicuro: benché sia il terzo in linea di successione al trono di Terre d’Ange, sono molti a volerlo morto. Temono infatti che il giovane abbia ereditato la stessa sete di potere della madre, la famigerata Mélisande Shahrizai, scomparsa senza lasciare traccia dopo aver cercato per ben due volte di usurpare il trono. Imriel però sa di non doversi difendere solo dagli intrighi di palazzo, ma anche da se stesso. Ormai adolescente, sente crescere in lui oscuri desideri, mentre il suo corpo risponde pericolosamente al dono di Phèdre… Confuso e spaventato, il giovane decide allora di partire in cerca dell’unica persona che possa aiutarlo a far chiarezza nel suo animo e, forse, anche a ritrovare sua madre: il maestro di Anafiel Delaunay, l’uomo che aveva reso Phèdre una perfetta spia. Ma, ben presto, Imriel si ritroverà a fare i conti con un mondo in cui niente è ciò che sembra, in cui l’inganno può celarsi nelle parole più innocenti, e scoprirà suo malgrado che la ricerca del vecchio mentore non è che l’inizio… "
martedì 2 novembre 2010
Io, Virginia
Come promesso, eccomi a suggerirvi, con qualche notizia in più, questo breve romanzo.
"Io, Virginia" di Chiara Guidarini
Mancano pochi giorni al matrimonio di Sara e tutto sarebbe magnifico se non fosse per l’inquietante presenza che, di tanto in tanto, irrompe nella sua quotidianità. L’ombra di una duchessa morta da secoli le narra lentamente la sua storia, obbligandola a ripercorrere i luoghi dove dimorò per ricostruire ogni singolo tassello della sua vita, fino a comprendere appieno cosa voglia da lei. In un parallelo di esistenze, in bilico tra passato e presente, si consumano le vicende di due donne apparentemente diverse ma unite da un destino comune. Virginia De’Medici, sposata contro la propria volontà per ragione di stato a un Duca che non ama, e Sara Varzi, che sta per legarsi all’uomo che invece ama. Passione, ragione, sentimento e follia si intrecciano in un mosaico di eventi capaci di sovrapporre ciò che avvenne a ciò che sarà.
Nuova prova per Chiara Guidarini, autrice della Saga di Ancyria, che questa volta si dedica al fantasy-gotico, tratteggiando la vita della Duchessa Virginia De’ Medici, sposa di Cesare d’Este in un parallelo con la vita di un’altra sposa dei giorni nostri, Sara Varzi. Ambientazioni antiche si sovrappongono a quelle moderne, creando un mosaico di eventi capaci di trascinare il lettore nel vivo del romanzo, quasi fargli toccare con mano i personaggi stessi. La trama regge bene, solleticando la curiosità del lettore, e non si smorza nemmeno sul finale ricco di colpi di scena. Due storie che si fondono senza mai cadere nel banale, intersecandosi l’una all’altra in un intreccio senza tempo. Il romanzo è edito da Linee Infinite edizioni.
La mia opinione:
Romanzo il cui genere non so definire. Ma ha importanza?
Si tratta di un libro scritto molto bene, in cui la protagonista ci parla in prima persona della sua esperienza successiva a una seduta spiritica.
Mai prendere alla leggera certe pratiche esoteriche! La poverina si ritrova a condividere i ricordi della sfortunata Virginia De’ Medici.
La protagonista, Sara, è a un passo dal matrimonio, deve già gestire la semi dichiarazione del suo migliore amico che la supplica di non sposare un altro, le incombenze dell’importante cerimonia, e un fidanzato innamorato e preoccupato per la sua salute. In tutto ciò si aggiungono i ricordi non suoi di una duchessa del sedicesimo secolo.
Spietata descrizione del professionista della psiche che l’aiuta a suon di farmaci, assolutamente inutili.
Bella la ricostruzione del mondo rinascimentale, con giuste considerazioni sull’effettiva libertà d’azione dei nobili, soggetti a infiniti vincoli, maschi o femmine che fossero.
Finale un po’ caotico ma, tolto un refuso, decisamente sorprendente per il lettore.
Buona lettura!
"Io, Virginia" di Chiara Guidarini
Mancano pochi giorni al matrimonio di Sara e tutto sarebbe magnifico se non fosse per l’inquietante presenza che, di tanto in tanto, irrompe nella sua quotidianità. L’ombra di una duchessa morta da secoli le narra lentamente la sua storia, obbligandola a ripercorrere i luoghi dove dimorò per ricostruire ogni singolo tassello della sua vita, fino a comprendere appieno cosa voglia da lei. In un parallelo di esistenze, in bilico tra passato e presente, si consumano le vicende di due donne apparentemente diverse ma unite da un destino comune. Virginia De’Medici, sposata contro la propria volontà per ragione di stato a un Duca che non ama, e Sara Varzi, che sta per legarsi all’uomo che invece ama. Passione, ragione, sentimento e follia si intrecciano in un mosaico di eventi capaci di sovrapporre ciò che avvenne a ciò che sarà.
Nuova prova per Chiara Guidarini, autrice della Saga di Ancyria, che questa volta si dedica al fantasy-gotico, tratteggiando la vita della Duchessa Virginia De’ Medici, sposa di Cesare d’Este in un parallelo con la vita di un’altra sposa dei giorni nostri, Sara Varzi. Ambientazioni antiche si sovrappongono a quelle moderne, creando un mosaico di eventi capaci di trascinare il lettore nel vivo del romanzo, quasi fargli toccare con mano i personaggi stessi. La trama regge bene, solleticando la curiosità del lettore, e non si smorza nemmeno sul finale ricco di colpi di scena. Due storie che si fondono senza mai cadere nel banale, intersecandosi l’una all’altra in un intreccio senza tempo. Il romanzo è edito da Linee Infinite edizioni.
La mia opinione:
Romanzo il cui genere non so definire. Ma ha importanza?
Si tratta di un libro scritto molto bene, in cui la protagonista ci parla in prima persona della sua esperienza successiva a una seduta spiritica.
Mai prendere alla leggera certe pratiche esoteriche! La poverina si ritrova a condividere i ricordi della sfortunata Virginia De’ Medici.
La protagonista, Sara, è a un passo dal matrimonio, deve già gestire la semi dichiarazione del suo migliore amico che la supplica di non sposare un altro, le incombenze dell’importante cerimonia, e un fidanzato innamorato e preoccupato per la sua salute. In tutto ciò si aggiungono i ricordi non suoi di una duchessa del sedicesimo secolo.
Spietata descrizione del professionista della psiche che l’aiuta a suon di farmaci, assolutamente inutili.
Bella la ricostruzione del mondo rinascimentale, con giuste considerazioni sull’effettiva libertà d’azione dei nobili, soggetti a infiniti vincoli, maschi o femmine che fossero.
Finale un po’ caotico ma, tolto un refuso, decisamente sorprendente per il lettore.
Buona lettura!
lunedì 1 novembre 2010
giornata casalinga
Mentre in mezza Italia si svolgono le prove tecniche per il prossimo diluvio universale,
io me ne sto rintanata in casa, al calduccio, bevendo cioccolata, leggendo un buon libro e ascoltando una gran bella canzone!
">
io me ne sto rintanata in casa, al calduccio, bevendo cioccolata, leggendo un buon libro e ascoltando una gran bella canzone!
">
Iscriviti a:
Post (Atom)