Boris Pahor (Trieste, 28 agosto 1913) è uno scrittore italiano, della minoranza slovena di Trieste.
A sette anni vide l'incendio del Narodni dom, sede centrale delle organizzazioni della comunità slovena di Trieste. L'esperienza lo segnò per tutta la vita, e torna spesso nei suoi romanzi e racconti.
(Ne ha parlato anche ieri sera)
Finita la scuola media frequentò il seminario di Capodistria che non terminò. Dopo essersi laureato in Lettere all'Università di Padova, torna nella sua città natale dove si dedica all'insegnamento della letteratura italiana. Stabilisce stretti rapporti con alcuni giovani intellettuali sloveni di Trieste; tra questi spiccano le figure del poeta Stanko Vuk, di Zorko Jelinčič, cofondatore della organizzazione terrorista slovena TIGR (e padre dello scrittore Dušan Jelinčič) e dei pittori Augusto Černigoj e Lojze Spacal. Negli stessi anni incomincia il carteggio con il poeta e pensatore personalista slovenoEdvard Kocbek, nel quale riconoscerà un'importante guida morale ed estetica.
Nel 1940 viene arruolato nell'esercito italiano e mandato sul fronte in Libia. Dopo l'armistizio dell'otto settembre torna a Trieste, ormai sotto occupazione tedesca. Dopo alcuni giorni decide di unirsi alle truppe partigiane slovene che operavano nella Venezia Giulia. Nel 1955 descriverà quei giorni decisivi nel famoso romanzo Mesto v zalivu ("Città nel golfo"), col quale diventerà celebre nella vicinaSlovenia. Nel 1944 fu catturato dai nazisti e internato in vari campi di concentramento in Francia e in Germania (Natzweiler-Struthof, Dachau, Bergen-Belsen).
( Ci ha parlato a lungo del campo di Dora : Il Campo di concentramento di Mittelbau-Dora fu un campo di concentramento nazista costruito nel 1944 presso Nordhausen, a sud della catena montuosa Harz. Il campo venne esplicitamente costruito per la produzione delle Wunderwaffe tedesche, in particolare i missili V2. Alle sue dipendenze lavoravano altri 40 sottocampi. Aggiungendo anche le informazioni di come Von Braun abbia invece ricevuto molte onorificenze per i suoi meriti scientifici...)
Finita la guerra, torna nella città natale, aderendo a numerose imprese culturali dell'associazionismo cattolico e non-comunista sloveno. Negli anni cinquanta, diventa il redattore principale della rivista triestina Zaliv (Golfo) che si occupa, oltre che di temi strettamente letterari, anche di questioni di attualità. In questo periodo, Pahor continua a mantenere stretti rapporti con Edvard Kocbek, ormai diventato un dissidente nel regime comunista jugoslavo. I due sono legati da uno stretto rapporto di amicizia.
Nel 1975 Pahor pubblica, assieme all'amico triestino Alojz Rebula, il libro "Edvard Kocbek: testimone della nostra epoca" (Edvard Kocbek: pričevalec našega časa). Nel libro-intervista, pubblicato a Trieste, il poeta sloveno denuncia il massacro di 12.000 prigionieri di guerra, appartenenti alla milizia anti-comunista slovena (domobranci), e i crimini delle foibe perpetrato dal regime comunista jugoslavo nel maggio del 1945. Il libro provoca durissime reazioni da parte del governo jugoslavo. Le opere di Pahor vengono proibite nella Repubblica Socialista di Slovenia e a Pahor viene vietato l'ingresso in Jugoslavia.
Grazie alla sua postura morale e estetica, Pahor diventa uno dei più importanti punti di riferimento per la giovane generazione di letterati sloveni, a cominciare da Drago Jančar.
L'opera più nota di Pahor è Necropoli, un romanzo autobiografico sulla sua prigionia a Natzweiler-Struthof.
Le sue opere in sloveno sono tradotte in francese, tedesco, serbo-croato, ungherese, inglese, spagnolo, italiano, catalano e finlandese.
A giugno del 2008 ha vinto il Premio Internazionale Viareggio- Versilia, nel maggio del 2007 è stato insignito con la onorificenza francese della Legion d'onore, il Premio Prešeren, maggiore onorificenza slovena nel campo culturale (1992) e il San Giusto d'Oro 2003. Nel 2008 è stato finalista e quindi vincitore del Premio Napoli per la categoria "Letterature straniere" con Necropoli.
Il 17 febbraio 2008 è stato ospite nella trasmissione televisiva "Che tempo che fa" di Fabio Fazio.
Nel novembre 2008 gli è stato conferito il Premio Resistenza per il libro Necropoli. Il 18 dicembre 2008 Necropoli è stato eletto Libro dell'Anno da una giuria di oltre tremila ascoltatori del programma di Radio3, dedicato ai libri, Fahreneit.
È candidato sulla lista della Südtiroler Volkspartei (SVP), collegata con il Slovenska Skupnost per le elezioni europee del 2009.
Nel dicembre del 2009 è stato protagonista insieme al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza della polemica per l'assegnazione della cittadinanza onoraria. Il comune avrebbe infatti voluto insignire Boris Pahor senza citare nella motivazione le colpe del fascismo, fatto al quale lo scrittore si era opposto.
Alla fine di ottobre 2010 è stato coinvolto in un attacco neofascista con scritte inneggianti alla rivoluzione fascista sui muri dell'ex Narodni dom a Trieste.
Pahor è pensionato e vive a Trieste.
Una vita decisamente segnata dai totalitarismi, ma non avvelenata dall'odio e dal rancore.
Almeno questa è l'impressione che ne ho dedotto io, sentendolo parlare.
Se qualcuno volesse leggere una sua opera, lui stesso consigliava Necropoli
Campo di concentramento di Natzweiler-Struhof sui Vosgi. L'uomo che vi arriva, una domenica pomeriggio insieme a un gruppo di turisti, non è un visitatore qualsiasi: è un ex deportato che a distanza di anni è voluto tornare nei luoghi dove era stato internato. Subito, di fronte alle baracche e al filo spinato trasformati in museo, il flusso della memoria comincia a scorrere e i ricordi riaffiorano con il loro carico di dolore e di rabbia. Ritornano la sofferenza per la fame e il freddo, l'umiliazione per le percosse e gli insulti, la pena profondissima per quanti, i più, non ce l'hanno fatta. E come fotogrammi di una pellicola, impressa nel corpo e nell'anima, si snodano le infinite vicende che parlano di un orrore che in nessun modo si riesce a spiegare, ma insieme i tanti episodi di solidarietà tra prigionieri, di una umanità mai del tutto sconfitta, di un desiderio di vivere che neanche in circostanze così drammatiche si è mai perso completamente.