"L'amore, mia cara, è un sentimento di lusso!": questo cerca di spiegare una madre che ha molto vissuto (e che dalla vita ha imparato una grande lezione: "Dare pochissimo e pretendere ancora meno") alla figlia innamorata e infelice. Ma lei, Denise, non lo capisce: quando suo marito glielo ha presentato sulla spiaggia di Hendaye, Yves le è apparso come un giovanotto elegante, raffinato, di bell'aspetto; e poiché alloggiava nel suo stesso albergo, ha creduto che fosse ricco quanto l'uomo che ha sposato, e a cui la lega un affetto tiepido e un po' annoiato. Poi il marito è stato richiamato a Londra da affari urgenti, e quelle giornate di settembre "piene e dorate " sono state come un sogno: la scoperta della reciproca attrazione, le passeggiate, le notti d'amore. Il ritorno a Parigi ha significato anche un brusco ritorno alla realtà: no, Yves non è ricco, tornato dal fronte si è reso conto di aver perduto tutto, ed è stato costretto (lui, cresciuto in un mondo in cui "c'erano ancora persone che potevano permettersi di non fare niente") a trovare un impiego che lo avvilisce e lo mortifica. In questa cronaca di un amore sghembo, in cui si fronteggiano due inconsapevoli egoismi, la giovanissima Irène Némirovsky sfodera già il suo sguardo acuminato e una perfetta padronanza della tecnica narrativa.
Li rileggerò!
Dopo diverse settimane non ce l'ho fatta e ho dovuto assolutamente iniziare uno dei suoi piccoli capolavori.
Sembro un'invasata non è vero?
La verità è che per me lei è la perfezione letteraria.
Nella struggente malinconia dei suoi libri c'è tutto il mondo delle emozioni umane.
Solo lei in poche righe riesce a svelare l'ansia, l'angoscia delle situazioni umane.
Perchè la penso così? Dovreste leggerla.
Ieri sera sono arrivata a questo punto:
Subito dopo, come tra sè, aggiunse:
"E' finita, questa bella vacanza... Me n'ero dimenticato... Fra due giorni è il primo ottobre... E io sarò già a Parigi...".
"Fra due giorni?" esclamò lei.
Le sembrò che il cuore cessasse di batterle, e intanto si dava della sciocca: possibile che nell'ultimo mese non avesse sfogliato un calendario? Non aveva forse visto arrivare l'autunno? E poi, in fondo, che cosa gliene importava della presenza di quell'estraneo, di quello sconosciuto?
"Denise..." sussurrò Yves.
Lei trattenne il respiro senza osare rispondere.
Yves le prese la mano abbandonata sul tavolo e vi appoggiò la fronte calda.
"Denise..." si limitò a mormorare di nuovo.
Poi, con voce strozzata, aggiunse:
"Io non voglio lasciarvi. Non posso più vivere senza di voi".
Allora, dimenticando che bisognava negarsi, difendersi, farsi desiderare, e senza neppure accorgersi delle lacrime che le rigavano le guance, Denise si affrettò a dire:
"Neanch'io posso più vivere senza di voi".
Non sono neanche a metà del libro e so già che questi due poveri esseri diventeranno terribilmente infelici. Iréne è sempre Irène.
Ma è il viaggio l'esperienza da fare con lei, non l'arrivo.
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