Le cronache di Gaia

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domenica 15 maggio 2011

The Giver - il mio commento


Jonas ha dodici anni e vive in un mondo perfetto. Nella sua comunità non ci sono più guerre, differenze sociali o sofferenze. Tutto ciò che può causare dolore o disturbo è stato abolito, compresi gli impulsi sessuali, le stagioni e i colori. Le regole da rispettare sono ferree ma tutti i membri della comunità si adeguano al modello di controllo governativo che non lascia spazio a scelte individuali. Ogni unità familiare è formata da un uomo e una donna a cui vengono assegnati un figlio maschio ed una femmina. Ogni membro della comunità svolge la professione che gli viene affidata dal Comitato degli Anziani nella cerimonia annuale di dicembre. E per Jonas quel momento sta arrivando.

The Giver (letteralmente: il donatore) è un romanzo di Lois Lowry, scritto nel 1993, ed è il primo capitolo della trilogia formata, oltre che da The Giver, daGathering Blue (2000) e da Messenger (2004). È considerato uno dei baluardi della letteratura distopica, tra i quali 1984 di George Orwell guida la classifica.

Ho iniziato a leggere questo libro piena di aspettative.

I giudizi su questo romanzo erano molto lusinghieri e l’intervista fatta all’autrice dal blog Le mele del silenzio mi aveva resa ancora più curiosa.

Purtroppo per parlarne ho fatto degli spoiler, non grandi cose, ma mi pare giusto dirvelo prima che leggiate il mio commento.


È un libro che fa stare male.

Non è una di quelle letture da cui si riemerge rigenerati.

L’ambientazione in un mondo perfetto in cui l’Uniformità ha spazzato molte di quelle che sono le nostre indicazioni morali è devastante.

Ora che l’ho letto capisco come mai sia stato tanto criticato. Non può lasciare indifferenti.

La prima cosa che mi ha fatto male è stata la spersonalizzazione dei bambini.

Il compleanno che è per me uno dei momenti più belli della vita di una persona, perché consente di riflettere, di gioire della vita, è stato spazzato via.

In dicembre ci sono nella Comunità le cerimonie del passaggio.

A tutti i Nove vengono donate le biciclette, agli Otto è consentito cambiare tunica, ai Dodici verrà assegnato il lavoro da svolgere nella comunità e da quel giorno non avranno più cerimonie.

Certo nell’Archivio dei Dati Accessibili è possibile cercare la propria data di nascita, ma chi lo fa?

La cerimonia di Jonas è prima angosciante, viene pubblicamente saltato dalla lista dei Dodici, poi diviene un evento. A lui è assegnato il compito di essere il nuovo Accoglitore di Memorie, dovrà recarsi ogni giorno dal Donatore che gli trasmetterà le memorie passate che la Comunità non possiede.

Questa seconda parte la conosciamo, è il nostro mondo, Jonas “ricorderà” come era la Terra, con la neve, le colline, le famiglie, l’amore, la morte, la guerra e il dolore.

Mi è piaciuto moltissimo come l’autrice abbia posto l’accento sul dolore. Come sappiamo tutti il ricordo del dolore è una delle memorie più resistenti.

L’angoscia di questo libro è soprattutto nella parte iniziale in cui vengono dati pochi elementi ma il nostro cervello li rielabora e li colloca nella giusta prospettiva. In effetti è quello che non scrive che ci attanaglia lo stomaco. “Il congedo”, termine utilizzato fin dalle prime pagine, a cui sappiamo esattamente quale significato attribuire, ma che nella storia viene rivelato al protagonista solo verso la fine.

L’ansia per il piccolo Gabriel non mi ha lasciata un istante, almeno sino alla decisione finale del protagonista. Agghiacciante il padre di Jonas, meraviglioso esempio di adattamento culturale, in cui la moralità si piega all’economia della società per preservarla.

La proprietà del linguaggio, la condivisione dei sogni, delle emozioni, di per sé azioni splendide, ma che assumono un ruolo di totale spersonalizzazione dell’individuo e fanno rabbrividire.

Questo mondo perfetto fa venire la pelle d’oca.

Un romanzo che consiglio proprio agli adolescenti che, naturalmente, tendono all’uniformità.

È un buon libro per avvicinarsi al genere distopico, laddove 1984 è troppo complesso per essere pienamente decodificato dai ragazzi.

Essendo una trilogia il finale non conclude pienamente la storia, attendo il seguito per un giudizio complessivo.

Aggiungo solo che si merita senza alcun dubbio tutti i giudizi positivi che gli sono stati dati.

Ci sono tali e tanti spunti di riflessione che se ne potrebbe parlare per giorni...

Ah, dimenticavo l'ultima frase del libro è bellissima!

Io sono fissata con le ultime frasi dei romanzi e questa dovete leggerla:

"Ma forse era soltanto un'eco."

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