Le cronache di Gaia

Cronache di Gaia.

Un luogo di viaggio e di passaggio, benvenuti!

venerdì 29 aprile 2011

Il mio Giappone 5

Premessa:
si ringrazia per la consulenza di questo post, Wikipedia, un economista di Ca' Foscari a me molto caro e il capo officina della mia concessionaria Toyota.

Oggi è stata una giornata frenetica e per poco mi dimenticavo del mio ultimo appuntamento mensile con il Giappone.
Sì, lo so, avevo detto che con Murakami avrei terminato la serie.

Ma stavo per dimenticarmi il Giappone che più ho vicino a me.

La mia meravigliosa Yaris, auto dell'anno 2000, che riporta nel numero di telaio le lettera "G" che indica il suo luogo di costruzione, il Giappone appunto.


Sì, ha 11 anni ma ogni volta che porto alla concessionaria per i controlli previsti dalla legge, il capo officina mi chiede se intendo venderla. "No, perchè se vuole venderla io la compro subito"
E ti credo! In undici anni di vita non ha mai avuto un problema!
Ma questo non è un post dedicato alla mia auto, bensì a

"La macchina che ha cambiato il mondo",


LA MACCHINA CHE HA CAMBIATO IL MONDO

WOMACK J.P. JONES D.T. ROOS D.
PASSATO, PRESENTE E FUTURO DELL'AUTOMOBILE SECONDO GLI ESPERTI DEL MIT


Il mondo dell'industria sta attraversando una trasformazione rivoluzionaria. I giapponesi hanno invaso il mercato mondiale riportando i successi più significativi proprio nella produzione dell'automobile. Ma soprattutto ottengono questi risultati con metodi radicalmente diversi da quelli ritenuti fino a pochi anni fa l’unica ricetta vincente nella produzione di grandi serie: abbondanza di materie prime, di spazio e di risorse naturali, disponibilità di manodopera non specializzata. Il successo giapponese si fonda sulla lean production, la «produzione snella»: magazzini ridotti al minimo, flusso di componenti e materie prime strettamente calibrato alle necessità della produzione, adozione continua di piccoli miglioramenti al prodotto, lavoratori responsabilizzati che contribuiscono attivamente al successo dell’impresa. Risultato: pochi difetti, costi bassi. In una parola: la qualità globale. La macchina che ha cambiato il mondo illustra i risultati di un lungo e articolato lavoro di analisi delle ragioni del successo giapponese: una ricerca del Massachusetts Institute of Technology (MIT), che ha impiegato per cinque anni, con un finanziamento di cinque milioni di dollari, decine di ricercatori in tutto il mondo.


Wikipedia mi aiuta dicendo che

l termine produzione snella (dall'inglese lean manufacturing o lean production) identifica una filosofia industriale ispirata al Toyota Production System, che mira a minimizzare gli sprechi fino ad annullarli.

Produzione snella.png

I principi Lean:

  • Eliminare lo spreco;
  • Specificare precisamente il valore dalla prospettiva del cliente finale;
  • Identificare chiaramente il processo che consegna valore al cliente (cosiddetto value stream), ed eliminare le fasi che non aggiungono valore;
  • produrre le rimanenti fasi che aggiungono valore in un flusso senza interruzione, organizzando le interfacce tra differenti fasi;
  • lasciare che sia il cliente a tirare il processo – non produrre niente fino a che non ce ne sia bisogno, poi produrre questo velocemente;
  • Perseguire la perfezione tramite continui miglioramenti.

Il processo produttivo, quindi, viene trattato in modo globale al fine di ridurre al massimo la complessità della produzione puntando sulla sua flessibilità coinvolgendo fin dall'inizio tutte le funzioni aziendali, potremmo così individuare alcuni settori:

  • progettazione: il prodotto viene studiato considerando i problemi inerenti alla sua produzione (DFX) evitando la sua riprogettazione cioè gli sprechi dovuti al non essere riusciti a "fare bene fin dalla prima volta"
  • produzione: just in time
  • valorizzazione: "qualità totale" TQM di W. Edwards Deming

Gli sprechi che si cerca di annullare sono i più vari. Nella produzione snella si possono ricordare:

  • sprechi di materie prime
  • sprechi dovuti a tempi morti
  • giacenze di magazzino inutilizzate
  • sprechi di sovrapproduzione
  • sprechi legati a carenze nei processi
  • trasporti inutili
  • prodotti difettosi

Il termine lean production è stato coniato dagli studiosi Womack e Jones nel loro libro "La macchina che ha cambiato il mondo", in cui i due studiosi hanno per primi analizzato in dettaglio e confrontato le performance del sistema di produzione dei principali produttori mondiali di automobili con la giapponese Toyota, rivelando le ragioni della netta superiorità di quest'ultima rispetto a tutti i concorrenti.

La lean production è dunque una generalizzazione e divulgazione in occidente del sistema di produzione Toyota (o Toyota Production System - TPS), che ha superato i limiti della produzione di massa(sviluppato da Henry Ford e Alfred Sloan) applicata allora (e ancora oggi) dalla quasi totalità delle aziende occidentali.

In Italia, la Lean Production è oggetto di studio nel corso di Ingegneria Gestionale, indirizzo Logistico-Produttivo, che corrisponde a quella che nel resto del mondo viene definita come "Industrial Engineering".


La fantasia creativa e originale del Giappone ha trovato una via molto pratica per concretizzarsi.

Facendo scuola a tutto il mondo.

Credo che questo sia senza dubbio il modo migliore per concludere il mese dedicato al Giappone.

Ho parlato di grandi maestri che con le loro opere ci hanno fatto sognare, di due autrici che hanno interpretato l'anima del Giappone. Ma questo paese è anche lavoro, dedizione e onore.




giovedì 28 aprile 2011

Saccenza

Constato con dispiacere che c'è veramente molte gente che pensa sempre e solo a criticare.
Senza proporre nulla di costruttivo e, soprattutto, che se ne sta con le mani in mano aspettando che gli altri fallino, nel senso proprio di fallire più che di sbagliare.
Quello che mi sorprende enormemente è il fatto che siano delle persone colte, che amano leggere, ma che pensano di essere più intelligenti degli altri.
Vi è una tale supponenza in molti più lettori di quanto credessi.
E il fare?
Perchè quei poveri disgraziati, e se si guarda bene, sono sempre gli stessi, che operano attivamente per realizzare qualcosa di concreto e positivo vengono continuamente bersagliati, più del centro del tiro alle freccette?
Ma perchè collaborare è così complicato? Anzi, perchè fare materialmente qualsiasi cosa, è così difficile?
Dunque e basta con tutti questi palloni gonfiati che pensano di essere premi Nobel e non fanno che criticare, criticare e criticare. Tutto e tutti e solo per invidia.
Avete rotto!

Tutto questo discorso non ha nulla a che vedere con gli scrittori, ma molto con i lettori.
A buon intenditor...

mercoledì 27 aprile 2011

Quando si è importanti e ti fermano i carabinieri

Questo post è una piccola vendetta contro il maresciallo che ha telefonato questa mattina in ufficio: assolutamente privo di senso dell'umorismo ...


Aeroporto di Roma Leonardo Da Vinci

Il Papa è tornato da uno dei suoi viaggi in giro per il mondo.
Dopo aver caricato tutti i bagagli del Papa nella limousine per tornare al Vaticano, l'autista nota che Benedetto sta ancora aspettando sul marciapiede.
"Mi scusi, Santità," dice l'autista, "Vorrebbe per favore sedersi in modo che possiamo andare?"
"Beh, per dirti la verità, figliolo" risponde il Papa, "Non mi fanno mai guidare in Vaticano e oggi ne ho davvero voglia."
"Mi dispiace, ma non posso permetterglielo, perderei il posto! E se succedesse qualcosa?" protesta l'autista, desiderando di non essere andato al lavoro quella mattina.
"Ci sarebbero degli extra non indifferenti per te", dice il Papa.
Riluttante, l'autista sale dietro mentre Benedetto si mette al volante.
L'autista si pente della sua decisione appena usciti dall'aeroporto, vedendo il Pontefice spingere l'acceleratore portando la limousine a 170 Km/h .
"La prego, rallenti Santità!!!" Si dispera l'autista.
Ma il Papa continua a tavoletta fino a quando si sentono delle sirene.
"Oh mio Dio, l carabinieri! Mi ritireranno la patente!", piagnucola l'autista.
Il Papa accosta e tira giù il finestrino.
Il carabiniere si avvicina, da un'occhiata, torna alla moto e prende la radio.
"Devo parlare col maresciallo..."
Il maresciallo risponde alla radio e l'appuntato gli dice di aver fermato una limousine che andava a 170.
"Beh, sbattilo dentro!" Dice il maresciallo.
"Non credo che vogliamo davvero farlo, è un tipo molto importante..." Dice il carabiniere."
"Una ragione di più!" Esclama il maresciallo.
"No, intendo DAVVERO importante..." Risponde l'appuntato.
Il maresciallo allora chiede:
"Beh, chi hai lì, il Sindaco?"
"Più in alto!"
"Il Governatore della Banca d'Italia?"
"Di più!"
"Il Cavaliere?"
"Magari!!!"
"Va bene... Allora chi è?"
"Credo sia Dio!"
Pausa di riflessione del maresciallo: "Che cosa ti fa credere che sia Dio???"
"Ha il Papa per autista!!!"




Ma cosa significa Esedion?

Premessa: post di autopromozione dedicato al mio libro.

Prima o poi dovevate aspettarvelo!
Mancano proprio pochi giorni all'uscita di Esedion e il riserbo che ho tenuto finora, considerando il mio carattere, ha dell'eroico.
Esedion è un romanzo fantastico che mescola caratteristiche fantasy con aspetti prettamente fantascientifici. Strizza l'occhio al mito e a leggende molto conosciute, perciò definirlo un libro di fantascienza mi pare eccessivo.

Ma cosa significa"Esedion"?

Mi spiace ma svelare il termine sarebbe fare uno spoiler enorme.
Dovrete attendere i post che gli dedicherò. O meglio ancora, leggere il libro ^^

Prossimamente posterò la copertina realizzata da Francesca Resta.
E' una vera bomba! Sia lei, che la copertina ;))
E non esagero!


10 domande +1 a ... M.P. Black

Oggi parlo con MP Black!
Mi fa un effetto strano intervistare Paola.
Sarà che la vedo tutti i giorni, sarà che come al solito volevo essere imparziale, sarà che la intervistano dappertutto, ma la sua, da prima intervista che doveva essere, è finita un po' dopo le altre.
Poco male, eccomi qui con la mia amica MP Black, a chi non la conosce consiglio la lettura della saga della Signora degli Elfi partendo da "Lisa Verdi e il ciondolo elfico" edito da 0111.
Un po' di biografia?
Ma sì!


M. P. Black, al secolo Paola De Pizzol, mamma di due splendidi bambini, ha
iniziato a scrivere fin da piccola brevi racconti "Fantasy", coltivando negli
anni il sogno di diventare scrittrice. Sognatrice ed estroversa, lavora come
impiegata comunale e vive nelle dolci colline venete. Adora la sua famiglia,
che rappresenta per lei un solido punto di riferimento. Nel 2007, con la casa
editrice "Il Melograno" di Milano, ha pubblicato il primo libro della trilogia
fantasy "Lisa Verdi e il ciondolo elfico", nominato libro dell'anno 2007 dall'
Associazione Servizi Culturali di Milano. Il libro è stato pubblicato in
seconda edizione, nel 2008, dalla casa editrice "0111" di Milano, ed inserito
nella collana "The best of 0111". Il secondo libro, "Lisa Verdi e l'antico
codice", è stato pubblicato sempre nel 2008 dalla stessa casa editrice ed
inserito, a sua volta, nella medesima collana. Il terzo ed ultimo libro della
trilogia, "Lisa Verdi e il Sole di Aresil", è stato pubblicato nel novembre 2009.
A breve uscirà il nuovo fantasy "I Guardiani delle Anime - La maledizione della regina." per Domino Edizioni.
Nel frattempo, sta lavorando ad un nuovo urban - fantasy, dal titolo "Ali di fata".

Bene Paola accomodati sulla mia poltrona...


  1. Per cominciare ti va di raccontarci qualcosa di te?

Innanzitutto, grazie per avermi dato la possibilità di parlare un po’ di me e dei miei libri. Mi chiamo Paola, ma con lo pseudonimo di M.P. Black ho pubblicato la trilogia di Lisa Verdi con la casa editrice 0111 edizioni di Milano. Presto, verso la fine di maggio, uscirà il mio nuovo fantasy “I Guardiani delle Anime”, con la casa editrice Domino di Piacenza. Sono una mamma-lavoratrice-casalinga. Oltre a scrivere, naturalmente, adoro leggere, mentre guardo poco la Tv. Prediligo il genere fantasy, ma, alla fine, leggo un po’ di tutto. Mi lascio influenzare nella scelta del genere dalle emozioni del momento o dallo stato d’animo.

  1. Quando hai iniziato a sentire la necessità di scrivere?

Ho iniziato a scrivere poesie e brevi racconti già alla scuola elementare, ma i primi romanzi brevi sono nati durante le medie e le superiori. In quel periodo, scrivevo principalmente romance storici. Mi è sempre piaciuto scrivere. Credo che la passione per la scrittura sia nata con me e, piano piano, sia uscita, fino ad esplodere definitivamente nel 2007, quando ho elaborato la trama di Lisa Verdi.

  1. Quali sono i libri e gli autori a cui senti di essere più legato?

Considero J.K. Rowling la mia maestra. Da lei ho imparato molto per quanto riguarda il genere fantasy. Ma adoro anche M. Proust, Jane Austen, E.A. Poe, che considero il maestro dell’horror. Un altro autore fantasy che adoro è C. Lewis. Ha uno stile semplice, scorrevole, e la saga di Narnia è una delle mie preferite, in assoluto.

  1. Ti va di suggerirci un libro?

Sinceramente ne avrei due da suggerire, letti negli ultimi mesi e scritti da due autori emergenti che promettono davvero faville. Il primo è un thriller del mio amico scrittore Mario De Martino, “I figli di Atlantide”, e pubblicato con la casa editrice Casini di Roma. Un romanzo adrenalico, che non lascia respiro e che si legge in un batter d’occhio, nonostante la mole voluminosa.

Poi inviterei gli amanti del genere a leggere la saga dell’Averon di Loredana La Puma, pubblicata dalla casa editrice “La Penna Blu”, composta, per ora, dai libri “Il Cerchio si è chiuso” e “La città di Pietra”. Un’autrice che avrà da dire molto nel panorama fantasy nazionale e che raggiungerà grandi risultati.


Ci sono altre forme di arte, come la musica o la pittura, per fare un esempio, a cui sei legato? Influenzano il tuo scrivere?

Adoro la musica. Ho suonato il violino fino all’età di quattordici anni. La musica classica è indispensabile per rilassarsi, ma, per scrivere, spesso ascolto il genere pop e principalmente i grandi “Muse” o i “Linkin Park.” Purtroppo non so dipingere, sono davvero una frana…La musica può influenzare la scrittura, certamente. Se devo scrivere una scena di lotta o comunque intensa, ascolto magari un bel rock o comunque una canzone intensa. Viceversa, se sto ascoltando qualcosa di “mieloso”, d’istinto mi sento molto più romantica.

  1. Come scrivi? Cioè progetti, documenti e poi scrivi o ti siedi e poi cominci a digitare parole al computer? Hai dei riti particolari?

Beh, innanzitutto stendo una bozza della trama complessiva del libro, che poi suddivido in capitoli. Quindi, prima di scrivere, elaboro per bene la trama di ogni capitolo nella mia testa (anche quando faccio la doccia, o la spesa, o prima di dormire). Poi parto con la scrittura. Può accadere che, se sono di fretta, scriva anche a mano e poi ricopi tutto al p.c. Non ho riti particolari. Parto e basta, ma quando parto, non voglio essere disturbata e posso scrivere ininterrottamente per due ore senza accorgermi del tempo che passa. Proprio per questi due ultimi motivi, preferisco scrivere la sera, quando sono più tranquilla.

  1. La trilogia della Signora degli Elfi è conclusa, o no?

Chissà… C’è ancora qualcosa che avrei da dire sulle origini di Lisa (che non ho approfondito nei tre libri). Inoltre, uno dei personaggi più amati della saga, il Principe Lìspoto, si trova ancora in circolazione e potrebbe combinarne qualcuna delle sue. Molti lettori e lettrici mi hanno chiesto di scrivere un quarto libro. Vedremo.

  1. A maggio uscirà il tuo nuovo romanzo puoi raccontarci qualcosa?

Il mio nuovo fantasy si intitolerà “I Guardiani delle anime” è uscirà con la casa editrice Domino di Piacenza. Ora sto provvedendo alla revisione con la mia bravissima editor Solange Mela, che è anche la titolare della casa editrice. Non vorrei anticipare troppe cose del libro. Posso solo dire che si tratterrà di un urban fantasy (il genere che preferisco), che si articolerà tra Washington D.C., tra la cittadina immaginaria di Fear (nel Maine), e località del passato come Salem. Durante la storia vi saranno alcuni balzi temporali, indispensabili per la comprensione della trama. E’ un libro nel quale credo molto e sono sicura che i miei lettori lo apprezzeranno.

  1. Sei una scrittrice fantasy, in Italia questo genere letterario ha una identificazione con il pubblico giovane se non addirittura dell´infanzia. Sei d'accordo?

Purtroppo in Italia, quando si parla di fantasy, si tende a pensare alla fiaba per bambini. Questo è uno dei motivi per i quali ancora molti lettori faticano ad avvicinarsi a questo genere. Il fantasy, invece, è molto articolato. Vi è il fantasy classico, stile “Signore degli anelli”, per intenderci, che proprio libro per bambini non è, ma esistono poi delle “sottoclassi” del fantasy, come l’urban fantasy (Twilight), il paranormal urban fantasy (il diario del vampiro), il romance paranormal urban fantasy (Fallen) e via discorrendo, per arrivare fino al fantasy per adulti, con contenuti non adatti a un pubblico di minorenni. Auspico che presto anche in Italia il lettore medio riesca ad apprezzare un genere così particolare e articolato.

  1. Stai lavorando a nuovi progetti? Ti va di anticiparci qualcosa?

Sto scrivendo un urban-romance-fantasy dal titolo “Ali di Fata”. Questo libro rappresenta per me una bella sfida. E’ scritto, innanzitutto, in prima persona, e qui ho stravolto il mio stile, adattandolo a una trama veloce, spigliata e rivolta a un pubblico più adulto. Infatti, questo libro conterrà anche alcune scene di sesso “soft”, indispensabili per la narrazione. Sono arrivata a un buon punto nella stesura del romanzo, quindi passerò poi alla difficile fase della revisione. In seguito, vorrei scrivere un altro libro dei Guardiani delle Anime e un romanzo breve per bambini. Ma ho anche in testa un romance ambientato tra New York e l’Alaska. Si vedrà.


Ed eccoci arrivati alla fatidica domanda +1

C´è qualcosa che avresti sempre voluto che qualcuno ti chiedesse, ma non l´ha mai fatto?

Ora è il momento giusto!
Suggerisci la domanda che desideri e poi regalaci la risposta.

Eh sì! Nessuno mi ha mai chiesto qual è il personaggio che più detesto nella saga di Lisa. Ebbene… proprio Lisa! Saccente, antipatica, smorfiosa e il più delle volte arrogante. Ma sarà proprio questo suo carattere non facile a permetterle di affrontare le svariate difficoltà che incontrerà lungo la trama dei tre libri.

Grazie per l’intervista!


Ciao Paola e grazie di tutto e anche di più!

Se volete potete passare a salutarla nel suo blog

http://blog.libero.it/MPBLACK/view.php?reset=1&id=MPBLACK

o nel suo forum

http://mpblack.forumfree.it/



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martedì 26 aprile 2011

26 aprile 1986

Io ero a casa.
Alcuni dei miei migliori amici erano in montagna con il nostro mitico professore di tecnica.
Quello, per capirsi, che nel 1985 decise a sue spese (!) di comprare due computer commodore 64 perchè riteneva che gli elaboratori elettronici sarebbero stati il futuro di noi ragazzi, suscitando aspre critiche da parte di tutti gli altri docenti (!)
Erano con lui, il mio professore, che quando sentì la notizia e si disse che non c'era niente da preoccuparsi, prese i miei dieci compagni di classe, li portò a casa e intimò a loro e ai loro genitori di stare tappati in casa e di non mangiare nulla di quello che c'era nell'orto.
Piovve, piovve e tutti si disperarono.
Ricordo le lacrime della mia giovane vicina di casa, suo figlio era appena nato.
Ora ha venticinque anni e gode di buona salute. Ma allora per mesi tutti lo osservavamo in attesa di chissà quale orrenda mutazione.
Ricordo la disperazione dei miei, di mio padre in particolare.
Credo sia stato quello, insieme alla paura del mio professore a farmi veramente capire che era accaduto qualcosa di spaventoso.
Negli anni avvenire abbiamo ospitato nella nostra comunità diversi bambini di Chernobyl.
Poi venne il referendum, poi vennero quegli spaventosi film visti a scuola.
The day after, Sindrome Cinese.
Eppure, dopo che siamo cresciuti terrorizzati dal nucleare, pensano che ce ne siamo dimenticati e che sia solo Fukushima a farci tremare.
Eravamo bambini e ci hanno iniettato la paura. Ci hanno contagiato dalla paura.
E non c'è cura per questa malattia.

L'evoluzione di Calpurnia

Ciao a tutti!
Superata senza danni la Pasqua?
La caduta di uova di cioccolato spero che non abbia ferito nessuno ^__^
A me è andata benissimo, cioè malissimo.
Solo cioccolato al latte ed essendo io una tossicodipendente da cacao, sono rimasta molto delusa.
Ma tanto ho sempre la mia tavoletta fondente al 70% di scorta e quindi avanti tutta!

Bene, oggi, accogliendo la Voce del buon consiglio del caro Vocedelsilenzio, ho iniziato "L'evoluzione di Calpurnia".
Inutile dire che è adorabile, (Voce è garanzia di qualità^^)

Intanto un po' di informazioni necessarie.

Autore: Jacqueline Kelly
Titolo: L’evoluzione di Calpurnia
Editore: Salani
Pagine: 286
Prezzo: euro 16,80



"Nei prati riarsi della calda stagione texana, Calpurnia non può fare a meno di notare che le cavallette gialle sono molto, molto più grandi delle cavallette verdi. Perché? Sono di due specie diverse? Calpurnia ha sentito parlare del libro di un certo Darwin, in cui si spiega l’origine delle specie animali. Forse può trovare quel libro nella biblioteca pubblica? Sì, ma la bibliotecaria non glielo vuole mostrare. Poco male, quel libro si trova anche a casa sua: nello studio del nonno, il libero pensatore della famiglia. Accompagnata dal nonno e dal libro proibito, Calpurnia riuscirà a scoprire i segreti delle diverse specie di animali, dell’acqua e della terra. E scoprirà anche se stessa."

Jacqueline Kelly è nata in Nuova Zelanda. Cresciuta in Canada, ora vive in Texas, tra la città di Austin e la campagna di Fentress. L’evoluzione di Calpurnia è il suo primo romanzo, che si è aggiudicato, tra i molti altri premi, il Newbery Honor, ha dominato le classifiche in America e in Spagna, dove è stato definito “l’anello mancante tra Mark Twain e Charles Darwin”, ed è in corso di pubblicazione in 14 paesi, dal Giappone al Portogallo.


Sono appena all'inizio della narrazione, ma quando un romanzo scivola via con tale facilità difficilmente mi delude.
Vi terrò aggiornati!


lunedì 25 aprile 2011

Festa del Bòcolo

Oggi a Venezia la festa è tripla
E' lunedì dell'Angelo.
E' la ricorrenza della Liberazione.
E' la Festa di San Marco.

A quest'ultima festa dedico il post.
Forse non tutti sanno che:
la tradizione popolare vuole che, nel giorno di San Marco, ad ogni donna venga regalato "il bocolo" come segno d'amore da parte del suo compagno.


Sulle origini di questo dono ci sono due leggende.


Una narra la storia del contrastato amore tra la nobildonna Maria Partecipazio ed il trovatore Tancredi. Nell'intento di superare gli ostacoli dati dalla diversità di classe sociale, Tancredi parte per la guerra cercando di ottenere una fama militare che lo renda degno di tanto altolocata sposa. Purtroppo però, dopo essersi valorosamente distinto agli ordini di Carlo Magno nella guerra contro i Mori di Spagna, cade ferito a morte sopra un roseto di rose bianche che si tingono di rosso con il suo sangue. Tancredi morente affida a Orlando il paladino un bocciolo di quel roseto perché lo consegni alla sua (di Tancredi, non di Orlando) amata.
Orlando fedele alla promessa giunge a Venezia il giorno prima di S.Marco e consegna alla nobildonna il bocciolo quale estremo messaggio d'amore del perito spasimante. La mattina seguente Maria Partecipazio viene trovata morta con il bocciolo rosso posato sul cuore e da allora gli amanti veneziani usano quel fiore come emblematico pegno d'amore.


Secondo l'altra leggenda la tradizione del boccolo discende invece dal roseto che nasceva accanto la tomba dell'Evangelista. Il roseto sarebbe stato donato a un marinaio della Giudecca di nome Basilio quale premio per la sua grande collaborazione nella trafugazione delle spoglie del Santo.
Alla morte di Basilio il roseto, che era stato piantato nel giardino di casa, divenne il confine della proprietà suddivisa tra i due figli. Avvenne in seguito una rottura dell'armonia tra i due rami della famiglia e la pianta smise di fiorire.
Un 25 aprile di molti anni dopo nacque amore a prima vista tra una fanciulla discendente da uno dei due rami e un giovane dell'altro ramo familiare. I due giovani si innamorarono guardandosi attraverso il roseto che separava i due orti.
Il roseto accompagnò lo sbocciare dell'amore tra parti nemiche coprendosi di boccoli rossi, e il giovane cogliendone uno lo donò alla fanciulla.
In ricordo di questo amore a lieto fine, che avrebbe restituito la pace tra le due famiglie, i veneziani offrono ancor oggi il boccolo rosso alla propria amata.


Un amore felice e uno infelice, entrambi rappresentati da una rosa rossa.



sabato 23 aprile 2011

Buona Pasqua



Uscita dalla veglia pasquale posso dire buona Pasqua a tutti!
Vi auguro di passare con gioia questo giorno di festa ma anche tutti quelli che verranno.
Questa poesia di padre Turoldo mi pare possa essere un bel regalo per voi ma anche per me.



Per il mattino di Pasqua


Io vorrei donare una cosa al Signore,
ma non so che cosa.
Andrò in giro per le strade
zufolando, così,
fino a che gli altri dicano: è pazzo!
E mi fermerò soprattutto coi bambini
a giocare in periferia,
e poi lascerò un fiore
ad ogni finestra dei poveri
e saluterò chiunque incontrerò per via
inchinandomi fino a terra.
E poi suonerò con le mie mani
le campane sulla torre
a più riprese
finché non sarò esausto.
E a chiunque venga
anche al ricco dirò:
siedi pure alla mia mensa,
(anche il ricco è un povero uomo).
E dirò a tutti:
avete visto il Signore?
Ma lo dirò in silenzio
e solo con un sorriso.

Io vorrei donare una cosa al Signore,
ma non so che cosa.
Tutto è suo dono
eccetto il nostro peccato.
Ecco, gli darò un'icona
dove lui bambino guarda
agli occhi di sua madre:
così dimenticherà ogni cosa.
Gli raccoglierò dal prato
una goccia di rugiada
è già primavera
ancora primavera
una cosa insperata
non meritata
una cosa che non ha parole;
e poi gli dirò d'indovinare
se sia una lacrima
o una perla di sole
o una goccia di rugiada.
E dirò alla gente:
avete visto il Signore?
Ma lo dirò in silenzio
e solo con un sorriso.

Io vorrei donare una cosa al Signore,
ma non so che cosa.
Non credo più neppure alle mie lacrime,
e queste gioie sono tutte povere:
metterò un garofano rosso sul balcone
canterò una canzone
tutta per lui solo.
Andrò nel bosco questa notte
e abbraccerò gli alberi
e starò in ascolto dell'usignolo,
quell'usignolo che canta sempre solo
da mezzanotte all'alba.
E poi andrò a lavarmi nel fiume
e all'alba passerò sulle porte
di tutti i miei fratelli
e dirò a ogni casa: pace!
e poi cospargerò la terra
d'acqua benedetta in direzione
dei quattro punti dell'universo,
poi non lascerò mai morire
la lampada dell'altare
e ogni domenica mi vestirò di bianco.

venerdì 22 aprile 2011

Il mio Giappone 4

Oggi è il quarto appuntamento e ultimo che dedico al Giappone.

In questo mese la situazione, se possibile, è divenuta ancora più grave e seria.

Penso di non dover aggiungere altro, tutti sappiamo di cosa sto parlando.

Nel blog di Lara Manni trovate il punto della situazione di Autori per il Giappone, che continua a raccogliere fondi: l’emergenza non è finita!

Naturalmente oggi parlo di Haruki Murakami.

Questo gigante mi spaventava. Infatti ho rinviato più volte questo post.

Alla fine ho deciso di non fare retorica da critico letterario, non ne sarei capace. Racconto molto semplicemente la mia esperienza con questo autore. Spero di annoiarvi!

Ho conosciuto tardi Murakami. sapevo chi era, ma solo quando mi hanno regalato "Kafka sulla spiaggia" me ne sono innamorata. Poi sono andata a ritroso, fino a "Norvegian Wood".

Scopro in lui quella malinconica bellezza, intrinseca nella visione che noi abbiamo del Giappone.

Questa incomprensibile attrazione, non priva di critiche verso alcuni aspetti della loro società, che mi affascina da sempre e mi costringe ad ammirarli.

Alcune notizie da wiki :

"Haruki Murakami nasce a Kyōto. Suo padre Chiaki è il figlio di un monaco buddista, mentre sua madre Miyuki è la figlia di un commerciante di Osaka. I suoi genitori si conoscono in quanto insegnanti di letteratura nello stesso liceo; dopo le nozze, la madre lascia il lavoro per dedicarsi interamente alla famiglia. Quando Haruki ha un anno, la famiglia si trasferisce a Ashiya, piccolo paese nella prefettura di Hyogo. Poco tempo dopo si sposta a Kobe, città sul mare dove lo scrittore trascorrerà infanzia e adolescenza, molto stimolante dal punto di vista culturale. È qui che Murakami comincerà a entrare in contatto con libri di autori stranieri, soprattutto inglesi, cominciando poi a scrivere, nel corso della sua frequenza al liceo, sul giornale della scuola.

Terminate le scuole superiori, si iscrive alla facoltà di letteratura dell'università Waseda di Tokyo dove si laurea nel 1975 con una tesi sull'idea del viaggio nel cinema americano. Gli anni della sua frequenza universitaria sono gli anni delle rivolte studentesche. Murakami partecipa molto attivamente a quel periodo, esprimendosi per esempio in maniera molto decisa contro la guerra in Vietnam, nonostante il Giappone non vi avesse preso parte.

Nel 1968 conosce Yoko Takahashi, nata il 2 ottobre 1948, figlia di un commerciante di futon di Tokyo, che diventerà sua moglie. Murakami la sposa nell'ottobre del 1971, affrontando il parere contrario dei propri genitori. Questi infatti avrebbero voluto innanzi tutto che il figlio sposasse una donna del Kansai, in secondo luogo non avrebbero desiderato che si unisse in matrimonio prima di terminare gli studi, senza avere perciò un lavoro. Murakami si trasferisce perciò dopo le nozze a casa del padre di Yoko, favorevole invece al sentimento che univa i due giovani, vivendo con questi e Yoko stessa, in quanto la madre della ragazza era morta da tempo e le sorelle di lei già sposate.

Haruki per un anno interrompe la frequenza all'università e comincia a lavorare in una stazione televisiva. Poiché questo lavoro non lo soddisfa, con la moglie decidono di aprire un jazz bar, utilizzando sia denaro ottenuto in prestito da una banca, sia i soldi guadagnati da entrambi, lavorando di giorno in un negozio di dischi e di sera in una caffetteria. Il bar viene aperto a Kokubunji (Tokyo), nel 1974, e viene chiamato "Peter cat", dal nome di un gatto che lo scrittore aveva avuto con sé qualche anno prima e poi lasciato a un suo amico in campagna. Il "Peter Cat" era una caffetteria di giorno, mentre di sera venivano serviti anche alcolici; l'ambiente era senza finestre, con muri bianchi in stile spagnolo, sedie e tavoli di legno, nonché foto di gatti dappertutto. Murakami qui preparava bevande, metteva musica, leggeva libri e ascoltava le persone; come ammette lui stesso, questa esperienza è stata preziosa per la sua formazione di scrittore.

Nel 1977 il jazz bar viene trasferito in una zona più centrale di Tokyo. Il nuovo locale ha come insegna un enorme Stregatto e all'interno tutto (tavoli, bastoncini, tazze, fiammiferi...) è decorato con dei gatti. Murakami fino a questo momento è vissuto interessandosi alle sue due passioni: musica e letteratura, concentrandosi però prevalentemente sulla prima, sentendo lui per primo di non avere ancora l'esperienza necessaria per scrivere un libro.

Nell'aprile del 1974 scopre però improvvisamente la sua vocazione letteraria, e inizia così la redazione del suo romanzo d'esordio, Ascolta la canzone nel vento (Kaze no uta o kike), pubblicato nel1979. Grazie a esso vince il premio Gunzo (群像新人文学賞 Gunzō Shinjin Bungaku Shō?) come migliore esordiente. L'anno seguente dà alle stampe Il flipper del 1973 (1973-nen no pinbōru), mentre risale al 1982 la pubblicazione di Sotto il segno della pecora (Hitsuji o meguru Bōken), che gli vale il premio Noma (野間文芸新人賞 Noma Bungei Shinjin Shō?) per scrittori emergenti. I tre libri vengono solitamente riuniti sotto il nome de La trilogia del Ratto poiché uno dei personaggi principali si chiama appunto "il Ratto".

Nel 1981 Murakami vende il jazz bar e comincia a vivere dei proventi ricavati dalla vendita dei suoi libri. Nell'ottobre del 1984 si trasferice a Fujisawa, nella prefettura di Kanagawa, una città sul mare a 50 chilometri da Tokyo, mentre nel gennaio del 1985 trasloca a Sendagawa, presso Tokyo.

Nel 1985 vince il Premio Tanizaki (谷崎潤一郎賞 Tanizaki Jun'ichirō Shō?) con La fine del mondo e il paese delle meraviglie (Sekai no Owari to Hādo-boirudo Wandārando). Nel febbraio del 1986 si trasferisce di nuovo, questa volta a Oiso, nella prefettura di Kanagawa. Dall'ottobre 1986 viaggia tra la Grecia e l'Italia, in particolare, in Sicilia e a Roma, dove scrive nel 1987 Tokyo blues, Norwegian wood (Noruwei no mori) — che si rivela subito un autentico caso letterario, vendendo due milioni di copie in un anno — e tra il 1987 e il 1988, Dansu dansu dansu (Dance dance dance), pubblicato nel1988.

Nel 1991 si trasferisce negli Stati Uniti dove diviene prima ricercatore associato nell'Università di Princeton, e l'anno successivo professore associato nella stessa università.

Nel 1992 esce Kokkyō no minami, taiyō no nishi, in italiano A sud del confine, a ovest del sole. Nel luglio del 1993 l'ennesimo trasferimento, a Santa Ana (California), per insegnare all'università William Howard Taft. Nel 1994 e nel 1995 vengono pubblicati i tre volumi di Nejimakidori kuronikuru, L'uccello che girava le viti del mondo, che gli valgono nel 1996 il prestigioso premio Yomiuri (読売文学賞Yomiuri Bungaku Shō?).

Nel 1997 viene pubblicato Underground, saggio sull'attentato alla metropolitana di Tokyo da parte della setta Aum nel 1995. In questo saggio, Murakami raccoglie le interviste ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime, cercando anche di tracciare un quadro del Giappone contemporaneo.

Nel 1999 esce Supūtoniku no Koibito, in italiano La ragazza dello sputnik.

Nel 2001 si trasferisce infine a Oiso, prefettura di Kanagawa, dove vive tuttora dedicandosi, oltre che alla scrittura, al podismo: vanta infatti all'attivo oltre venti maratone disputate e addirittura una ultramaratona.

Nel 2006 riceve il Frank O'Connor International Short Story Award per la raccolta di racconti brevi Blind Willow, Sleeping Woman e vince il World Fantasy Award con il romanzo Kafka sulla spiaggia. Sempre lo stesso anno gli viene conferito il Premio Franz Kafka, in passato già assegnato ad autori del calibro di Philip Roth, Harold Pinter ed Elfriede Jelinek.

Haruki Murakami è il traduttore in giapponese delle opere di Raymond Carver, che considera uno dei suoi mentori letterari."

Il fatto che "Norvegian Wood" o "Tokyo Blues", come volete chiamarlo, sia stato scritto proprio in Italia crea un legame con questo autore che credo non si possa scindere.

La nostalgia che permea questo romanzo è molto italica, non saprei come definirlo altrimenti.

“Avevo trentasette anni, ed ero seduto a bordo di un Boeing 747.”

Il romanzo inizia con questa frase davvero profetica. Il protagonista torna a terra e sprofonda nei ricordi. Come spesso accade è una canzone a fargli tornare in mente la sua giovinezza. Gli anni che lo portarono da un diciassettenne adolescente ad un giovane uomo di vent’anni.

Watanabe, si comprende tra le righe, è uomo di successo, che con rammarico constata di essersi dimenticato il volto di Naoko. Non riesce o, a stento può farlo. Non ha mantenuto la promessa di non dimenticarla.

Da queste considerazioni parte il romanzo che ci riporta alla fine degli anni 60, in un 68-69 con turbolenze alle quali il protagonista non presta attenzione, troppo preso dalle sue vicende personali.

I personaggi sono pervasi da un logorio interiore e da un’inquietudine nostalgica e melanconica, solo l’apparizione sopra le righe di Midori potrebbe riequilibrare il baratro su cui cammina il protagonista.

Il tema ricorrente del suicidio, del sesso come via di fuga, l’egoismo, la solitudine, la depressione, sono tutte tematiche così lontane da quella che dovrebbe essere l’esperienza di un giovane uomo ventenne. Eppure lo seguono e lo portano diventare ciò che sarà.

Vi sono citazioni meravigliose de Il grande Gasby, de Il giovane Holden, a cui il protagonista stesso a volte pare somigliare, ma c’è un ombra, un vento freddo che distanzia questo romanzo dagli altri due che ho citato.

Se i vent’anni sono l’estate della vita, la giovinezza di Watanabe mi ricorda molto il verso conclusivo della poesia di Pascoli, Novembre: “È l’estate, fredda, dei morti”

Però non potete non leggere “Kafka sulla spiaggia”!

Di questo libro non ho scritto recensioni, non ce l’ho fatta.

Potrei dirvi che c’è un anziano signore che parla con i gatti, che c’è un quadro che guida un protagonista, che c’è un mondo parallelo, ma tutto questo non ha alcun senso.

“Questo romanzo è surreale e avvolgente come un sogno. Non c'è niente da capire, bisogna solo lasciarsi guidare, affidarsi totalmente all'autore. Inutile cercare di tirare le somme alla fine della lettura. La mèta è il viaggio.”

Scrissi appena conclusa la lettura, e la penso ancora così.

Per questo Murakami conclude il mio Giappone, perché in sé racchiude quello che penso di questo paese.

Un enigma irrisolvibile e non completamente comprensibile, ma nello stesso tempo o, forse proprio per questo, affascinante e di una bellezza da togliere il fiato.