Alcuni dei miei migliori amici erano in montagna con il nostro mitico professore di tecnica.
Quello, per capirsi, che nel 1985 decise a sue spese (!) di comprare due computer commodore 64 perchè riteneva che gli elaboratori elettronici sarebbero stati il futuro di noi ragazzi, suscitando aspre critiche da parte di tutti gli altri docenti (!)
Erano con lui, il mio professore, che quando sentì la notizia e si disse che non c'era niente da preoccuparsi, prese i miei dieci compagni di classe, li portò a casa e intimò a loro e ai loro genitori di stare tappati in casa e di non mangiare nulla di quello che c'era nell'orto.
Piovve, piovve e tutti si disperarono.
Ricordo le lacrime della mia giovane vicina di casa, suo figlio era appena nato.
Ora ha venticinque anni e gode di buona salute. Ma allora per mesi tutti lo osservavamo in attesa di chissà quale orrenda mutazione.
Ricordo la disperazione dei miei, di mio padre in particolare.
Credo sia stato quello, insieme alla paura del mio professore a farmi veramente capire che era accaduto qualcosa di spaventoso.
Negli anni avvenire abbiamo ospitato nella nostra comunità diversi bambini di Chernobyl.
Poi venne il referendum, poi vennero quegli spaventosi film visti a scuola.
The day after, Sindrome Cinese.
Eppure, dopo che siamo cresciuti terrorizzati dal nucleare, pensano che ce ne siamo dimenticati e che sia solo Fukushima a farci tremare.
Eravamo bambini e ci hanno iniettato la paura. Ci hanno contagiato dalla paura.
E non c'è cura per questa malattia.
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