Le cronache di Gaia

Cronache di Gaia.

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venerdì 6 maggio 2016

Il mistero dodici sedie - un racconto del Terremoto 40 dopo

Due anni fa in occasione dell'uscita dell'antologia Ewwa dedicata alla Rai avevo scritto un racconto.
Poi non me la sono sentita di condividerlo con altri, così è rimasto nel portatile in attesa.
Oggi è il giorno giusto. Sono passati 40 anni da allora.

IL MISTERO DELLE DODICI SEDIE

Il pancione di Ivana entra per primo, seguito da Elio che ci sorride e ci saluta tutti, iniziando a parlare con quella cadenza divertente che mi piace tanto.
La mamma sta finendo di lavare dei panni in bagno, li saluta appena e torna a tuffarsi nelle sue faccende; vuole finire presto per stare con gli ospiti.
Mio papà li fa sedere con noi sul divano.
«Ci avete fatto davvero una bella sorpresa!»
So che a papà mancano i suoi vecchi amici, noi abitiamo lontano e con i suoi turni di lavoro non riesce a trovarsi con loro la domenica.
«Manca poco» dice Elio, mettendo la mano sulla pancia enorme di Ivana.
«Dovrebbe nascere tra una settimana, se tutto va bene.»
«Una bambina!» urla mia madre.
L’appartamento è piccolo, appena 70 mq e, anche se noi siamo seduti sul divano in salotto, lei ci sente bene e chiacchiera con noi.
Sono in pigiama e guardo la televisione con i grandi. Sono contentissima, visto che abbiamo visite posso restare alzata dopo il carosello e fermarmi con loro. Mi sento grande anche io!
Ivana mi fa i complimenti per i codini, io rido e le chiedo se posso toccarle la pancia.
Papà ed Elio guardano un film per i grandi e non capisco proprio tutto quello che dicono le persone della storia. Non importa è bello essere qui tutti assieme. Anche la mamma ha finito ed è venuta a sedersi vicino a me.
Dopo però si alza, va a prendere qualcosa per gli ospiti.
Ivana vuole alzarsi, ma mio papà le dice di stare comoda.
«Con tutto quel peso, dove vuoi andare? » le chiede, ridendo con Elio.
Deve pesare davvero tanto se non ce la fa nemmeno ad alzarsi!
Sono accoccolata sulla pancia di Ivana, voglio sentire anche io questa bambina piccola, nascosta, ma che dà calci forti.
Papà ha appena messo il vassoio sul tavolo grande, quello tondo al centro della sala, quando un rumore fortissimo mi fa alzare la testa.
«Che succede?»
Elio smette di guardare la tv e si gira verso mio padre.
«Il lampadario!»
La sua voce è tutta differente da quella allegra che conosco.
Ma è quello che dice mia madre a far impazzire tutti i grandi.
«Il terremoto!»
«Ciapa a tosa! Via, via!» dice Elio.
Non ha ancora smesso di dirlo che sento le braccia di Ivana attorno a me, mi ha presa e si è sollevata senza sforzo dal divano.
In un attimo siamo già fuori dall'appartamento, sul pianerottolo.
Scende le scale a una velocità così grande che mi sembra di volare fuori dal palazzo.
Non capisco, ci sono tutti i miei vicini che corrono in strada e sono tutti strani…
La signora Maria è in vestaglia, l’Antonietta addirittura in camicia da notte!
Che sta succedendo?
Dove sono mamma e papà?
Ivana ha il fiatone, mi guardo intorno in cerca della mamma, ho paura e anche tutti i grandi intorno a me sono pieni di paura.
Vedo papà portare fuori la mamma tenendola per mano, camminano in modo strano, o è il palazzo che si muove?
Le dita di Ivana mi stringono fortissimo, mentre Elio guarda in su.
Tutti i grandi guardano in su.
Mamma mi prende in braccio, mentre Elio abbraccia sua moglie.
Papà ci stringe tutte e due mentre un altro rumore forte fa gridare l’Antonietta.
Restiamo lì tutti quanti, a guardare quel palazzo per molto tempo.
Per fortuna oggi era caldo e anche se è notte e siamo mezzi svestiti, non si sta male.
I grandi hanno tutti l’aria persa, non ho mai visto papà così serio. Noi piccoli abbiamo già iniziato a giocare.
«Via da lì, distante dalla casa» urla Ida, quella del secondo piano, a Enrico che voleva prendere il pallone che aveva lasciato sotto il portico di casa sua, che è proprio di fronte al palazzo.
Ci sediamo per terra, tra mia mamma e Ivana che si tocca la pancia e un po’ piange e un po’ ride perché quella bambina, come dice mamma, le dà un sacco di calci. Elio e Ivana restano con noi per qualche tempo ma alla fine montano in macchina e gli faccio ciao ciao con la mano mentre se ne vanno. Resto in braccio alla mamma che seduta sul marciapiede mi stringe forte, poi mi addormento.


La luce del mattino ci trova tutti assonnati, i grandi non li avevo mai visti così. Mio papà tocca una crepa sul muro del palazzo, proprio vicino al portone d’ingresso; alla fine uno dopo l’altro i miei vicini salgono in casa.
Nell’appartamento ci sono tante cose per terra, la mamma brontola un po’, ma sembra contenta. Io vado a dormire e quando mi alzo papà non c’è, il suo turno in ospedale iniziava alle due del pomeriggio e lui è già uscito.
Mamma mi prende in braccio e ci mettiamo davanti alla televisione.
«Maria Santissima» dice con una voce così strana.
Mostrano persone in mezzo ai sassi, hanno delle divise e scavano, la voce della tv dice che ci sono stati tanti morti.
Un vecchietto con gli occhiali neri va a vedere tutto quel disastro e mia madre singhiozza.
Alzo la testa e vedo che piange.
«Mamma?»
«Stsss, stsss»
«Che è successo a quelle persone?»
«C’è stato il terremoto e le case sono crollate.»
«E noi? »
«Da noi no, per fortuna»
La sera papà torna tardi, ma lo aspettiamo tutte e due sveglie, siamo fuori nel giardino del condominio assieme agli altri.
«In Friuli che disastro, quanti morti!» dice Antonietta alla Ida.
«Per televisione hanno fatto vedere Gemona, poretti» risponde lei, poi si volta verso mia madre.
«No sta mostrarghe a teevision a la tosa, se no a se impresiona» dice a mia madre.
«Perché non dovrebbe guardare la televisione? È così piccola, non si ricorderà di niente» la tranquillizza e mi accarezza la testa mentre guardiamo in alto, verso le finestre del terzo piano, dove c’è il nostro appartamento.


Il mio primo ricordo è la soddisfazione di fare qualcosa di straordinario come guardare un programma alla televisione oltre l’orario consentito ai bambini. Sono felice, tenuta in braccio dalle persone che mi amano. Una gioia piena ma breve, perché tutto finisce con un boato. Il terrore si impossessa di chi ho sempre pensato essere invincibile e una donna grossa, pesante e impacciata, che aveva una bambina dentro la pancia, mi afferra e mi fa volare giù per le sei rampe di scale del mio palazzo.

Erano le 21.00 del 6 maggio 1976 e nella prima rete trasmettevano "Il mistero delle dodici sedie". Non ho mai saputo come sia finito quel film.




2 commenti:

  1. Non ricordavo più cosa stessi vedendo in TV con i miei, quella caldissima serata a Tolmezzo. Grazie, anche se una parte di me vorrebbe poter dimenticare. E'anche scritto molto bene, complimenti.
    Sergio Cuzzi

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    1. Grazie Sergio per avere letto la mia storia e avere lasciato un commento. L'eco di alcuni ricordi è impossibile da dimenticare.

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