Le cronache di Gaia

Cronache di Gaia.

Un luogo di viaggio e di passaggio, benvenuti!

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domenica 17 febbraio 2013

Ricomincio da Irène

Ciao a tutti!

La sentite la primavera?
È lì, nascosta, come un attore dietro il sipario che attende la battuta per entrare in scena. Sarà un ingresso timido ma deciso e, alla fine, non smetteremo più di battere le mani.

Passato il carnevale, passato il meteorite, passato San Remo, ritorno con un classico.

Calvino diceva che i classici sono i libri che non finiscono mai di dire quello che hanno da dire, in questa prospettiva "La preda" è di sicuro un classico.

Sì, perché, mi spiace, hanno poco da arricciare il naso i puristi, Irène Némirovsky è una scrittrice che passerà alla storia. Ha superato la negatio memoriae di Auschwitz grazie alla forza delle passioni che ha saputo narrare e, ora che i diritti d'autore sono di tutta l'umanità, è doveroso riappropriarsi delle sue storie.



La preda

La trama:

"La mia anima, come una nave nella burrasca, è trascinata verso ignoti abissi": quando Jean-Luc Daguerne scoprirà dentro di sé "quel desiderio di tenerezza, quel disperato bisogno di amore" che ha sempre negato e represso, saprà anche che non riuscirà mai a soddisfarli. Lui, che per tutta la vita non ha sognato altro se non di "afferrare il mondo a piene mani", soprattutto quello vicino al potere, e che per riuscirci ha messo incinta la figlia di un ricco banchiere, costringendo così il padre a dargliela in moglie; lui, che ha accettato di essere umiliato, di mentire, di adulare, di fare il doppio gioco, che ha inaridito il proprio cuore perché potesse affrontare senza fremere "un mondo di imbroglioni e di sgualdrine": ebbene, proprio lui si troverà di fronte all'impossibilità di farsi amare dall'unica creatura che abbia amato in vita sua, dall'unica donna nelle cui braccia abbia sentito riemergere in sé, fino a soffocarne, la sua fragilità di bambino. Allora non gli importerà più niente della sua carriera politica, né del successo tanto rabbiosamente cercato. E si chiederà che senso abbia avuto tutto quel lottare ansimante per sottrarsi a un destino di miseria, per intrufolarsi negli ambienti giusti, per avere in mano le carte vincenti. Alla fine, il patto faustiano si rivela una beffa, e il successo che, "da lontano, ha la bellezza del sogno, allorché si trasferisce su un piano di realtà appare sordido e meschino".



Il mio commento:

Irène Némirovsky in questo romanzo ci regala un personaggio indimenticabile: JeanLuc Daguerne. Per questo giovane uomo proveremo una gamma di sentimenti contrastanti, dall’affetto al disprezzo, dalla vicinanza alla pietà.
Come non riconoscersi, in questi tempi, nella voglia di riscatto di questo giovane laureato che sgomita per trovare un posto nella società parigina, post crisi del ’29?
Come non condividere la sua determinazione mentre cerca di farla pagare alla sua fidanzata che ha preferito un ricco rampollo rispetto al suo amore e alla sua devozione?
Si rabbrividisce mentre quest’anima pervasa di entusiasmo, si trasforma in un gelido calcolatore capace di mettere a repentaglio la vita della moglie e del figlio, pur di avere successo.
La caducità dei successi umani, ma anche degli affetti, l’incomprensione assoluta tra generazioni, tra classi sociali. Lo sguardo spietato e veritiero di Irène Némirovsky è come un faro che illumina la notte delle miserie umane mostrandone ogni sfaccettatura.
L’immagine del gruppo di uomini maturi che appartengono alla stessa razza e impediscono qualsiasi ingresso o modifica del sistema, a chi non appartiene alla loro cerchia, ci appare in una lucida constatazione dello stato delle cose.
La passione, le passioni sono ancora una volta i personaggi principali della sua storia e il contesto, di incredibile attualità, coinvolge fino in fondo il lettore.
L’impossibilità di amare e di smettere di amare conducono al finale, inevitabile, che ci mostra ancora una volta, come sia misurata e onesta l’autrice nei confronti del lettore, senza false speranze e senza buonismi fuori luogo, la tragedia ci aspetta all’orizzonte.

lunedì 2 gennaio 2012

Ancora sul 2011

Mi sono resa conto che non posso dire di avere concluso l'anno senza fare un riepilogo libresco del 2011.
Con l'aiuto di aNobii so che ho letto meno libri del 2010, ma qualcuno in più del 2009.
Non ho scuse, se non che ho lavorato di più e la sera sono un pochino più stanca.
Tra i libri che hanno lasciato il segno ci sono senza dubbio quelli di Irène Némirovsky, ancora una volta la migliore lettura dell'anno con "Il Malinteso" e "I cani e i lupi".
La grande scoperta di Martin. Sto facendo sforzi disumani per non leggere il seguito della saga delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Mi sforzo di aspettare perché altrimenti la saga pubblicata finirà troppo presto.
Direte che ho scoperto l'acqua calda, ma che volete sono arrivata tardi a Martin. ^_^
Tra i libri che meritano menzione speciale c'è senza dubbio "Pan" di Francesco Dimitri, un libro che non può lasciare indifferenti e di cui vi parlerò dettagliatamente la prossima settimana.
Ognuno dei libri che ho letto mi ha lasciato qualcosa, mi ha insegnato qualcosa di bello e di utile, perchè come ho detto molte volte, io non leggo libri brutti, li lascio da parte e non ne parlo più.
Con questo post vi saluto e ci vediamo dopo l'Epifania!



martedì 20 dicembre 2011

Che cosa regalare a Natale?

Che cosa regalare a Natale?
Un bel problema, specie se consideriamo il difficile periodo in cui viviamo e le limitate risorse di cui la maggior parte di noi dispone.
Dunque un libro è senza dubbio un ottimo regalo di Natale, dal prezzo contenuto e dal valore spesso inestimabile.
Senza contare il fatto che chi ci regala un libro di certo l'ha scelto, ha pensato a noi e quindi ci vuole bene.
Su questi e altri argomenti potete leggere il bel post di Miriam Tocci nel suo blog.
Ma poichè "non di soli libri vive l'uomo e la donna" quest'anno vi darò consigli ad ampio spettro, come gli antibiotici.
Per la sorella, la cugina, la zia che ha tutto e di più eccolo, dai 5 ai 10 euro un grazioso reggiborsa, ce ne sono di tanti modelli e si trovano ovunque




Per bimbi tra i 3 e i 10 anni un gioco molto particolare


Sono soffici tasselli in mais che bagnati si attaccano, io conosco solo la marca Happy Mais, ma di certo ce ne sono altre.

Per gli uomini, in assoluto gli ossi più duri della scelta dei doni natalizi, c'è tutto l'imbarazzo del mondo alcolico partendo da whisky come il Bowmore

    passando per Laphroaig       

per arrivare alla più nostrana (almeno dalle mie parti) Prime Uve, che non è grappa, bensì un distillato



Dite la verità ci avevate creduto!?!
Un post intero senza parlare di libri?
Figuriamoci!

Ed ecco alcuni miei suggerimenti per le feste!

Come regalo per tutti gli amanti della letteratura con la L maiuscola consiglio
"Le confessioni di un italiano" di Ippolito Nievo.
Lo trovate in molteplici edizioni e anche scaricabile gratuitamente, se il regalo è per voi, in quanto fuori da vincoli di diritto d'autore.
Nell'anno dei 150 anni della nostra Italia credo questo libro sia perfetto.

Continuando non posso non consigliare Irène Némirovsky.
Un'autrice che amo sopra ogni altra e per la sua capacità di descrivere l'animo umano in modo lucido e spietato.
Se proprio dovessi fare un titolo credo direi "Il calore del sangue"



Non vi darò suggerimenti per libri gialli perché ci sono veramente molti bravi autori fra cui scegliere.
Giusto per dirvi qualcosa di diverso dal solito vi farei il nome di Fulvio Ervas e del suo ispettore Stucky. I suoi gialli sono gialli comici, molto diversi dai soliti in commercio.

Per chi ama il genere rosa suggerisco Federica Bosco, è appena uscito il seguito di "Innamorata di un angelo" (altro libro da leggere), si intitola "Il mio angelo segreto" non è un fantasy ma una storia d'amore

Il mio Angelo Segreto

Suggerisco anche il romanzo di Marcello Loprencipe e Annalisa Polucci "Si era alzato il vento", Città del sole editore



Tra i thriller naturalmente non posso non suggerire "I figli di Atlantide" di Mario De Martino




Per i bambini invece "Sotto la laguna di Venezia" di Stepàn Zavrel

Sotto la laguna di Venezia


Non è nuovo ma i colori di questo libro sono strepitosi e pensare Venezia animata da animali marini piace moltissimo ai bambini^^

Ovviamente la lista continua!

Non l'ho letto ma credo di andare sul sicuro con il nuovo libro di Miriam Mastrovito "Il mistero dei libri perduti" di Zero91 editore



Propongo anche un saggio che ritengo molto interessante nonché estremamente attuale "La malattia dell'Occidente. Perchè il lavoro non vale più" di Marco Panara.



Poi ci sono i libri con i quali non sono obiettiva e che consiglio a prescindere:

"I guardiani delle anime" di M.P. Black



"La bambina con il basco azzurro" di Daniele Nicastro




"Commento d'autore" di Fabrizio Valenza



e ovviamente "Il magico mondo delle fiabole"



Non posso non concludere citando me stessa
Esedion, perchè no?

Esedion


Bene mi pare che possibilità di scelta ce ne siano molte, ma se ancora non siete soddisfatti potete sempre andare a leggere i suggerimenti di Chagall nel suo blog io li ho trovati molto interessanti e ne ho attinto a piene mani^^

Qualsiasi oggetto decidiate di regalare fatelo con il cuore perchè non è l'oggetto in sè, quello che ognuno di noi vuole ricevere, ma l'amore e l'affetto di chi ce lo dona.

Buoni regali!




mercoledì 21 settembre 2011

I cani e i lupi, commento





Irène Némirovsky

I cani e i lupi

Traduzione di Marina Di Leo
2008, 5ª ediz., pp. 234 


RISVOLTO
Le basta vederlo una sola volta, quel bambino ricco, ben vestito, dai riccioli bruni, dai grandi occhi splendenti, che abita nella meravigliosa villa sulla collina e di cui dicono sia un suo lontano cugino, per essere certa che lo amerà per sempre, di un amore assoluto e immedicabile. A Kiev, la famiglia di Ada abita nella città bassa, quella degli ebrei poveri, e suo padre fa parte della congrega dei maklers, gli intermediari, quegli umili e tenaci individui che si guadagnano da vivere comprando e vendendo di tutto, la seta come il carbone, il tè come le barbabietole. Fra le due città sembra non esserci altro rapporto che non sia il disprezzo degli uni e l’invidia degli altri. Eppure, allorché il ragazzino Harry si troverà di fronte la bambina Ada, ne sarà al tempo stesso inorridito e attratto: come «un cagnolino, ben nutrito e curato, che sente nella foresta l’ululato famelico dei lupi, i suoi fratelli selvaggi». Quando molti anni dopo, a Parigi, il destino li metterà di nuovo l’uno di fronte all’altro, Harry non potrà più indietreggiare, e dovrà fare i conti con quella misteriosa attrazione che Ada esercita su di lui. Alla prima edizione di I cani e i lupi l’autrice premetteva un’avvertenza in cui, presentando il romanzo come una vicenda che non poteva essere altro che «una storia di ebrei», ribadiva la propria intenzione di descrivere il popolo a cui apparteneva così com’era, «con i suoi pregi e i suoi difetti»: giacché, affermava orgogliosamente, «in letteratura non ci sono argomenti tabù». Oggi, i numerosissimi lettori che la amano sanno che pochi sono stati in grado di raccontare il mondo degli «ebrei venuti dall’Est, dall’Ucraina o dalla Polonia» con altrettanta verità e altrettanto amore.


Non ho ancora finito di leggere tutti i romanzi di Irène, ma questo, credo, possa essere considerato tra i suoi migliori.

Vi lascio il mio commento e alcune frasi che mi hanno colpita.

"Questo romanzo offre moltissimi spunti di riflessione.
La storia è tutto sommato molto semplice, vi sono due famiglie ebree russe, una vive nella parte alta della città e la sua ricchezza le consente di non patire mai, di non temere i pogrom e il colera, poi vi è un’altra famiglia che vive nella città bassa e vive degli espedienti del capo famiglia che si arrangia trafficando e facendo il mediatore di piccoli affari.
Le due famiglie si chiamano entrambe Sinner, hanno avuto origine dal medesimo nonno, poi però le strade si sono divise e l’indole particolarmente portata agli affari di un ramo familiare, unito a grandi dosi di fortuna, li ha portati in alto, mentre gli altri sono rimasti in basso.
Lilla e Ben con la loro madre Raisa vanno a vivere con il fratello del padre morto e la loro cuginetta Ada, orfana pure lei, ma di madre. Si crea una famiglia atipica, sempre sull’orlo del baratro. Un pogrom, che potrebbe metter fine alla loro esistenza, dà l’inizio alla storia. Ben e Ada, sperduti nella città ,si rifugiano nella ricca villa dei cugini Sinner e lì incontrano Harry, quasi loro coetaneo, simile ma allo stesso tempo differente da loro.
Ada rimarrà ossessionata da quel bambino e divenuta donna lo rincontrerà a Parigi, divenendo lei stessa l’ossessione e il rifugio di Harry. Anche Ben è strettamente legato a suo cugino, da un odio devastante che travalica i suoi sentimenti per Ada, che pure sposa.
C’è un gioco di specchi tra questi tre personaggi che riconoscono di avere origine comune e se Ben disprezza e prova rancore per Harry, per la sua fortuna immeritata, così Harry è attratto dall’oscura origine di questi due suoi cugini. Il giovane ebreo ricchissimo ha paura di Ben, ma in fondo lo ammira, mentre per Ada prova sentimenti forti, non è serenità stare con lei, è tormento continuo, passione devastante. Ma è proprio questo tormento ciò che il suo essere brama e che non è riuscito mai ad avere con la sua moglie francese, che pure ha amato con perseveranza sconfiggendo tutti i pregiudizi borghesi sino a riuscire a sposarla.
Harry povero cane meticcio, che sente il richiamo del lupo ma a cui mancano le zanne, che vive su di sé il dramma di chi non è più una sola razza, ben definita, non ha una casa né un passato certo da cui trarre forza per il futuro. In bilico tra la forza delle origini e la certezza della sua educazione francese.
Ben, lupo che fiuta il pericolo, che sopravvive a tutti rimanendo sempre fedele a se stesso, affamato di vita e di passione ma impossibile da saziare e da ammaestrare.
Ada che non è una donna, che non vuole crescere, vorrebbe restare bambina rinchiusa nel suo mondo irreale di pittura e amore (ma è proprio amore?) per Harry. È lei che cambia, che riesce a modificare la sua natura e alla fine andare oltre il suo sangue.
“I cani e i lupi” è un romanzo sulla natura ebrea. Almeno questo era quello che Irène Némirovsky scrisse.
Io trovo che sia uno sguardo lucido su un popolo, il suo, fatto con amore e quanta più obiettività possibile. Si avverte l’ammirazione per i lupi, per questi esseri che possegono se stessi e non sono posseduti dagli oggetti, si avverte l’ansia di appartenere completamente a una nazione, a un popolo, a una tradizione.
Nello stesso tempo l’orgoglio di appartenere solo a se stessi e di gloriarsi delle proprie ossessioni forti.
Magistrale prova di analisi psicologica. Un romanzo come pochi."

pag. 187

"Vivi come su un'isola deserta" le diceva Harry.
"Ho sempre vissuto così. perchè attaccarsi a ciò che si deve perdere?".
"Ma perchè lo si deve perdere Ada?"
"Non lo so. E' il nostro destino. Mi è sempre stato strappato tutto".
"E io, allora? E io? Mi ami, non è vero? Tieni a me?"
"Tu sei un'altra cosa. Sono andata avanti per anni senza vederti, quasi senza conoscerti, e tu eri mio esattamente come adesso. Io, che sono abituata ad aspettarmi il peggio, non ho paura di perderti. Puoi dimenticarmi, abbandonarmi, lasciarmi, sarai sempre mio e solo mio. Ti ho inventato io, amore mio. Sei molto più che il mio amante. Sei una mia creatura. E' per questo che mi appartieni, quasi tuo malgrado"


pag. 187

"Ada gli procurava un alimento che fino allora nella sua vita era mancato, ma che gli era necessario, sia pure a sua insaputa: un ardore profondo, una passione interiore che rendeva preziose le minime gioie e riusciva a cavare dalle delusioni e dai dispiaceri una sorta di gaiezza amara e primitiva"


pag. 197
"In fondo, che cos'è per te la pittura? Vuoi costringere la gente a guardare attraverso i tuoi occhi; allo stesso modo io ho cercato di piegare il mondo alla mia immaginazione, ai miei desideri. Era questo che mi divertiva, questo!"





mercoledì 22 giugno 2011

Giorno d'estate

Non ho certo dimenticato che ieri era il solstizio d'estate, né che è iniziata la mia stagione.

Volevo solo qualcosa di speciale, qualcosa di non esoterico, di non ierofanico, qualcosa di emotivamente coinvolgente e sopra le righe.

Esattamente come sento questa stagione.

Una stagione speciale in cui tutto può accadere in cui la vita è un soffio più intensa e dove la natura produce il meglio di sè.

Nessuno autore poteva aiutarmi, solo Irène Némirovsky ci poteva riuscire, solo lei è in grado di racchiudere in una ventina di pagine l'essenza della vita e il senso dell'estate.

Per questa autrice proporrei subito il Nobel alla memoria, chissà che qualcuno più influente di me, un giorno, riesca a darle tutti i riconoscimenti che merita.

Giorno d'estate di Irène Némirovsky

Via del vento edizioni, euro 4, pagine 35

Un breve racconto in cui Irène Némirovsky scatta tre fotografie sull’animo umano.

Una bambina alla vigilia del suo quinto compleanno si sveglia in una mattina di giugno splendente. Ne gusta i piaceri come sa fare, tutta protesa verso la festa e incredula che il mondo potesse esistere prima di lei. Perché il fulcro di tutto è se stessa.

Due coniugi, entrambi desiderosi di pace e di felicità un dialogo che è un dirsi continuo:”io, io, io”

Uno spaccato doloroso e sincero dell’egoismo umano.

Il nonno che torna a casa la sera di quella giornata d’estate e ne gusta i profumi e gli odori. Si sente immortale non teme più la morte. Gli altri, i giovani non capisco, non sanno, lui possiede la capacità di vivere. Ma già la nera signora lo accarezza, senza che lui voglia rendersene conto.

In questo trittico il giorno è paragonato alla vita, mattina-infanzia, pomeriggio-maturità, sera-vecchiaia. Si tratta di tre momenti il cui unico filo conduttore è l’egoismo, il credere che la natura e la bellezza splendente d’estate esista solo in funzione nostra esistenza.

Niente come una giornata estiva può consentire l’osservazione della vita e l’autrice lo fa in modo poetico e meticoloso. Il finale è sincero e crudele, come solo la Némirovsky riesce a essere, pare un quadro, per la vivezza delle immagini e l’intensità delle sensazioni.

“Il giardino era oscuro, saturo di quei profumi deliziosi che, per sgorgare dalla terra, aspettano che l’uomo si sia addormentato. Ogni piccola foglia si agitava al debole vento della notte. Un migliaio di piccole bocche ansimanti si protendevano assetate verso l’alito che saliva dal fiume: ognuna, senza dubbio, sospirava, chiamava, mormorava:”Io, io, io”.

Ma il vento carezzava appena la cima degli alberi e si perdeva nei campi. E la notte calma, dolce e indifferente, ricominciava a cullare mollemente tra le braccia tutti gli esseri viventi che s’addormentavano.”