Le cronache di Gaia

Cronache di Gaia.

Un luogo di viaggio e di passaggio, benvenuti!

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venerdì 22 giugno 2012

Wide Awake



Wide Awake testo Katy Perry

I’m wide awake
I’m wide awake
I’m wide awake
Yeah, I was in the dark
I was falling hard
With an open heart
I’m wide awake
How did I read the stars so wrong
I’m wide awake
And now it’s clear to me
That everything you see
Ain’t always what it seems
I’m wide awake
Yeah, I was dreaming for so long
(Pre-Chorus)
I wish I knew then
What I know now
Wouldn’t dive in
Wouldn’t bow down
Gravity hurts
You made it so sweet
Till I woke up on
On the concrete
(Chorus)
Falling from cloud 9
Crashing from the high
I’m letting go tonight
(Yeah I’m) Falling from cloud 9
I’m wide awake
Not losing any sleep
Picked up every piece
And landed on my feet
I’m wide awake
Need nothing to complete myself – nooohooo
I’m wide awake
Yeah, I am born again
Outta the lion’s den
I don’t have to pretend
And it’s too late
The story’s over now, the end
(Pre-Chorus)
I wish I knew then
What I know now
Wouldn’t dive in
Wouldn’t bow down
Gravity hurts
You made it so sweet
Till I woke up on
On the concrete
(Chorus)
Falling from cloud 9
Crashing from the high
I’m letting go tonight (yeah, I’m letting go)
I’m Falling from cloud 9
Thunder rumbling
Castles crumbling
I am trying to hold on
God knows that I tried
Seeing the bright side
But I’m not blind anymore…
I’m wide awake
I’m wide awake
(Chorus)
Yeah, I’m Falling from cloud 9
Crashing from the high
You know I’m letting go tonight
I’m Falling from cloud 9
I’m wide awake
I’m wide awake
I’m wide awake
I’m wide awake
I’m wide awake

Wide Awake Traduzione Katy Perry

Sono completamente sveglia
Sono completamente sveglia
Sono completamente sveglia
Sì, ero nel buio
Cadendo di brutto
Con il cuore aperto
Sono completamente sveglia
Come ho fatto ad interpretare le stelle in maniera così sbagliata
Sono completamente sveglia
E ora mi è chiaro
Che tutto ciò che vedi
Non è sempre ciò che sembra
Sì, ho sognato per così tanto tempo
Vorrei aver saputo allora
Quel che so adesso
Non sarei sprofondata
Non sarei precipitata
La gravità fa male
Tu l'hai resa così dolce
Finché non mi sono svegliata
Sull'asfalto
Cadendo dalla nuvola 9
Schiantandomi dall'alto
Stanotte lascio stare
Sì, sto cadendo dalla nuvola 9
Sono completamente sveglia
Non ho perso il sonno
Ho raccolto ogni pezzo
Sono atterrata sui miei piedi
Sono completamente sveglia
Non ho bisogno di nulla per sentirmi completa -nooohooo
Sono completamente sveglia
Sì, sono rinata
Fuori dalla tana dei leoni
Non devo fingere
Ed è troppo tardi
La storia adesso è finita, è la fine
Vorrei aver saputo allora
Quel che so adesso
Non sarei sprofondata
Non sarei precipitata
La gravità fa male
Tu l'hai resa così dolce
Finché non mi sono svegliata
Sull'asfalto
Cadendo dalla nuvola 9
Schiantandomi dall'alto
Stanotte lascio stare
Sì, sto cadendo dalla nuvola 9
Il rumore del tuono
I castelli crollano
E io cerco di tenere duro
Dio sa che c'ho provato
A vedere il lato positivo
Ma non sono più cieca...
Sono completamente sveglia
Sono completamente sveglia
Cadendo dalla nuvola 9
Schiantandomi dall'alto
Stanotte lascio stare
Sì, sto cadendo dalla nuvola 9
Sono completamente sveglia
Sono completamente sveglia
Sono completamente sveglia
Sono completamente sveglia
Sono completamente sveglia

domenica 29 gennaio 2012

Che domenica!

Buona domenica! 


Oggi mi dedicherò ai festeggiamenti per i sessant'anni della mia mamma! 
 Andiamo a mangiare fuori, lei non sa cucinare nemmeno un uovo e quel che è peggio non le piace proprio! 
Io ho imparato a cucinare da mio padre, che invece adora fare da mangiare. 
Da mia madre ho imparato molte cose, prima fra tutte non avere mai paura di dire le cose come stanno, neanche di fronte al Papa o al presidente della Repubblica! 
Mi ha insegnato, senza che me ne rendessi conto, la tolleranza e il rispetto, e non è poco, dove vivo io, ve l'assicuro! 
Eppoi, la cosa più importante, a non prendermi troppo sul serio e a essere leggera! 


 A lei, che l'adora, a M.P. Black e a Devis che sono certa apprezzeranno, dedico "Teenage Dream" di Katy Perry. (Mi spiace Lerigo!) 


Dimenticavo!
Se siete iscritti in aNobii vi consiglio di dare un'occhiata a questa discussione, si parla di me e di Esedion!


Buonissima domenica! 

venerdì 27 gennaio 2012

Alcuni cambiamenti, un racconto e una canzone

Sono tornata sulla mia isola come vedete.
Ho aperto il corridoio dimensionale e sono passata da un pianeta sconosciuto alla mia Estreira.
Che piacere tornarci! Non avrei dovuto, lo so, mentre si corregge si dovrebbe essere concentrati, ma che ci posso fare se Alex mi chiama a gran voce? 
Sarei veramente sgarbata a non rispondere, vi pare?
Dunque oggi sono successe molte cose degne di nota, a parte il terremoto, a parte il ritorno a Estreira, a parte  farmi male gli occhi per il poco sonno, a parte fare i miei soliti disastri... sono andata a correre!
Dopo una settimana di clausura forzata è stata una liberazione! 
Questo mi ha fatto tornare in mente un mio vecchio racconto "Di corsa" che avevo pubblicato nel blog e poi rimosso. Mi ha fatto tornare in mente la canzone che l'aveva ispirato. 
Rileggere il racconto mi ha delusa perché non mi ha trasmesso più l'emozione di quando l'ho scritto. Suppongo capiti però mi ha fatto pensare molto. L'avevo tolto dal blog perché pensavo di lavorarci sopra e scrivere qualcosa di più complesso, ma ho cambiato idea perciò se vorrete leggerlo è quello che segue.



Di corsa

Correre.
Sono dieci anni che attende di correre, sente la gioia riempirgli l’animo e si guarda quei piedi, che sono nuovi e antichi, toccare terra con ritmo ed eleganza.
La strada è deserta, si è alzato prestissimo per non incontrare nessuno, vuole che la sua corsa sia solitaria, deve poter assaporare ogni istante di quel momento, vuole percepire solo se stesso e il mondo, senza incontrare uno sguardo, senza scorgere anima viva.
Le lunghe falcate mostrano una tecnica sapiente di corsa. Non è un novellino, non ha dimenticato e le gambe si muovono come se non avesse fatto altro ogni giorno della sua vita, come se non fosse trascorso che un battito di ciglia da allora…
Gli manca l’allenamento e i muscoli, nuovi e antichi, gridano, il cuore inizia a pompare il sangue e le orecchie sono martellate dai battiti.
Ha una mèta che lo aspetta, vuole arrivare presto, vuole concludere quello che è stato iniziato, ma non ce la fa e, contro ogni avvertenza, contro ogni aspettativa, si ferma e posa le mani sulle ginocchia.
Piegato, ansante, fissa ancora una volta sbalordito i suoi piedi, chiedendosi come ha fatto a vivere senza correre. Passano istanti che paiono lunghissimi, la memoria vaga nel passato recente, in cui la sua immobilità era reale, concreta, solida come delle sbarre che lo tenevano prigioniero.
Il bianco del soffitto, il bianco delle lenzuola, il bianco assoluto. L’assenza di qualsiasi colore dalla sua vita, l’annullamento di sé.
Perché il vuoto non è il nero, il vuoto è il bianco degli occhi della pietà della gente, che non lo fissava nelle pupille, sfuggendo il suo sguardo. Il bianco delle infermiere che si avvicinavano con finti sorrisi.
Il bianco dei cuscini a cui doveva appoggiarsi, ora a destra e ora a sinistra, anche se non sentiva più né destra né sinistra. Anche se tutto era assenza, anche se niente aveva significato.
Scuote la testa, si raddrizza e, un passo dopo l’altro, si avvicina alla mèta, al ponte.
Una paura ben nota ma estranea si impossessa delle sue gambe, comincia già a percepire un mormorio lontano, una voce che chiama il suo nome. I piedi, nuovi e antichi, sembra vogliano rifiutarsi di arrivare al ponte, lui insiste.
Ora cammina, lo sforzo è grande, i muscoli nuovi e antichi oppongono una resistenza che lo affatica e di cui non si stupisce. Il momento sta per arrivare, mancano pochi metri, eppure non sa se ce la farà.
Si chiede se avrà veramente il coraggio di fare quello che ha fatto lei.
L’essere che vive in quelle gambe, la donna che ne aveva una parte, conosceva quel ponte, e lo riconosce anche ora, lo teme e lo desidera. Un brivido di consapevolezza lo distrae, lei è combattuta e lo lascia fare.
In pochi rapidi passi è arrivato; finalmente.
La voce non tace mai, la sente anche ora. Una cantilena di pianto inconsolabile.
Un effetto collaterale delle nuove generazioni di impianti neurali, che aiutano le persone come lui, che hanno danni spinali. Così l’avevano definito: memoria sensoriale periferica.
Sorride. Dicevano che sarebbe passato in pochi giorni.
Gli aveva creduto.
Come poteva non credere ai dottori, agli scienziati che gli avevano promesso e regalato il dono delle sue stesse gambe?
Li aveva ringraziati, li aveva benedetti tutti quanti: medici e infermieri.
Avevano realizzato quello che solo a Dio era concesso: gli avevano restituito la vita.
Come poteva non credere alle loro parole?
Ma la voce della donna riecheggia in lui ogni notte. Chiede di morire, vuole morire. Doveva essere giovane, almeno quanto lui, doveva essere infelice, la sua tristezza la percepisce bene, gli attanaglia il cuore da mesi, lo soffoca. L’ha cercata, ha indagato, voleva sapere chi era. All’inizio, per ringraziare la sua famiglia, poi semplicemente per farla tacere, per mettere fine alla sofferenza.
Tutto è stato inutile, di lei sa solo quello che la voce racconta tra i lamenti.
Lui è stanco, non sopporta più quella vita, quella voce, quella disperazione, ma non vuole tornare fermo.
Gettandosi nel vuoto annullerà l’esperimento, tornerà a essere informe, non potrà più correre. Almeno morirà per sempre, non un giorno alla volta.
Si rivede immobile, con gli occhi che vagano in cerca di una mosca. Persino un insetto così piccolo poteva muoversi libero, mentre lui era fermo, come un sasso. Almeno le piante sono mosse dal vento, lui era troppo pensante persino per farsi portare dal vento.
No, non vuole più essere prigioniero di se stesso, del proprio corpo.
Stringe forte i pugni chiusi, le unghie gli fanno male nella carne, ed è così felice che quel dolore lo riporti alla realtà.
Quell’istante è il momento preciso in cui il buio perde la battaglia contro la luce.
I primi raggi di sole mostrano il ponte e lui sa chiaramente che lo deve fare.
Alla fine ha deciso di ascoltare le sue nuove e antiche gambe ed è arrivato lì dove tutto era finito per lei.
Una voce dentro la sua mente grida aiuto; la sente supplicare.
Chi avrebbe detto che con le terminazioni nervose delle gambe, sarebbero arrivati anche i ricordi?
Gli ultimi momenti di esistenza dell’essere umano a cui in precedenza erano appartenute.
Sono notti che vede quel ponte, è da lì che la donna si è gettata.
Se si concentra può percepire il ticchettio della pioggia sulla testa, sulla testa della donna.
Era quasi notte, le luci dei fari delle auto erano riflesse mille volte dall’acqua che cadeva scrosciante.
Durante alcuni sogni è riuscito persino a percepire il brivido della caduta, l’attimo prima che il freddo, come aghi acuminati, trafiggesse la carne di quella povera ragazza.
Quale coraggio aveva avuto nel gettarsi!
Lui non sapeva se l’avrebbe avuto, ormai era lì; l’avrebbe scoperto presto.
Guarda il ponte e ne è affascinato.
Ha una bella linea, è solido e a campata unica, si estende per una trentina di metri, poche auto transitano e in quel momento non c’è nessuno.
Gli sembra di avere atteso tutto quel tempo solo per arrivare fino a lì, fino a quel ponte, che permetterà di attraversare finalmente il confine della vita e della morte.
L’uomo appoggia le mani sul parapetto in cemento e lentamente vi sale. Una volta diritto, in piedi, guarda il vuoto sottostante. L’acqua lo chiama, una quindicina di metri più sotto, scorre forte e lieta, incurante di tutto, di tutti, di lui e di lei. Ha l’impressione di conoscere anche la voce della corrente. Chiude gli occhi.
Chissà se anche lei aveva sentito il richiamo dell’acqua?
Ora non sta pensando alla donna, ora pensa alle sue gambe, nuove e vecchie, ai suoi piedi.
Li guarda un’ultima volta e li trova belli.
Quando era piccolo non avrebbe mai creduto che le sue gambe sarebbero state la fonte di tanto dolore e di tanta gioia. Le corse che faceva con i suoi amici erano normali e scontate, come respirare.
Sorride e un velo di malinconia gli scende sul viso.
Ha aspettato dieci anni per poter correre di nuovo. Ora ha corso, è felice.
I suoi ultimi ricordi saranno la gioia di avere compiuto un miracolo, di avere beffato la sorte e di avere vinto. Proprio mentre pensa questo, l’amarezza del gesto che sta per compiere lo frena un secondo. Una parte di lui ha paura, paura del buio, del freddo. Sa già che gli mancheranno il sole, le stelle e il blu del cielo.
E correre, ah, quanto gli mancherà correre!
Sentire il vento nei capelli e il calore nel viso.
Gli è mancato per così tanto tempo che ormai dovrebbe essersi abituato, eppure, anche ora, quando tutto è deciso, quando tutto ormai è inevitabile, una parte di lui vorrebbe correre, tornare a casa, di corsa.
Apre le braccia e così, come vuole la natura, cade. Vorrebbe cadere, deve cadere.
Quelle gambe, nuove e antiche, non lo lasciano.
I piedi non si muovono.
Prima il destro e poi il sinistro si voltano, scendono dal muretto.
Un passo dopo l’altro, l’uomo inizia a correre.
Lo stupore lo assale e con esso una gioia immensa. I suoi piedi sono suoi, le sue gambe sono sue, hanno trent’anni come lui e la rete neurale lo sa e tace.
La rete neurale vuole correre, la donna vuole ridere.
Correre, entrambi vogliono solo correre.
La sente vicina, come mai prima di quel momento. Non ode la sua voce, percepisce direttamente la gioia della corsa. Il cuore che batte dentro il suo cuore, la sensazione di pace che aveva cercato, l’ha trovata correndo.
Ride e la sua risata risuona in tutta la sua testa e gli dà gioia come poche cose nella sua vita.
Poi, eccola, cristallina, è lei che parla.
Si scusa, chiede pazienza, è la sua natura e non la può rinnegare.
Forse lo porterà ancora sul ciglio del ponte, forse piangerà ancora di notte, ma lo prega di correre, di portare quelle gambe, nuove e antiche, in giro per le strade. Percorrere leggere il mondo e gioire della corsa come ha appena fatto con la memoria.
Si sforzerà di seguirlo, di stargli dietro, non gli farà più del male.
Lei è già caduta, non lo farà più cadere.



Questa è la canzone che l'ha ispirato


Buon week end!



venerdì 11 novembre 2011

The one that got away



And in another life
I would make you stay
So I don’t have to say
You were the one that got away
The one that got away

mercoledì 15 giugno 2011

Follie da Last Friday Night

Partendo dal video di Katy Perry, che mi ha fatto morir dal ridere, ho iniziato a pensare a tutte le cose folli che ho fatto e che faccio...
La conclusione del mio ragionamento è che una vena di follia può solo rendere più allegra la nostra vita, stando però attenti a non farci e a non fare del male alle persone che ci sono accanto.
Sapete però qual è il problema? I miei figli^^
Se penso a quello che ho fatto io e quello che ha fatto il mio consorte mi vengono i capelli dritti!
Incrocio le dita e spero che, come sono riuscita a mantenere il segreto con i miei genitori, possa mantenere il segreto anche con i miei figli!
Chissà perché non ci si aspetta mai che nostra madre abbia fatto follie, invece...