Le cronache di Gaia

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martedì 10 gennaio 2012

Il gusto proibito dello zenzero. Commento




Il gusto proibito dello zenzero
di  Jamie Ford 

Edito da GARZANTI


Seattle. Nella cantina dell'hotel Panama il tempo pare essersi fermato: sono passati quarant'anni, ma tutto è rimasto come allora. Nonostante sia coperto di polvere, l'ombrellino di bambù brilla ancora, rosso e bianco, con il disegno di un pesce arancione. A Henry Lee basta vederlo aperto per ritrovarsi di nuovo nei primi anni Quaranta. L'America è in guerra ed è attraversata da un razzismo strisciante. Henry, giovane cinese, è solo un ragazzino ma conosce già da tempo l'odio e la violenza. Essere picchiato e insultato a scuola è la regola ormai, a parte quei pochi momenti fortunati in cui semplicemente viene ignorato. Ma un giorno Henry incontra due occhi simili ai suoi: lei è Keiko, capelli neri e frangetta sbarazzina, l'aria timida e smarrita. È giapponese e come lui ha conosciuto il peso di avere una pelle diversa. All'inizio la loro è una tenera amicizia, fatta di passeggiate nel parco, fughe da scuola, serate ad ascoltare jazz nei locali dove di nascosto si beve lo zenzero giamaicano. Ma, giorno dopo giorno, il loro legame si trasforma in qualcosa di molto più profondo. Un amore innocente e spensierato. Un amore impossibile. Perché l'ordine del governo è chiaro: i giapponesi dovranno essere internati e a Henry, come alle comunità cinesi e, del resto, agli americani, è assolutamente vietato avere rapporti con loro. Eppure i due ragazzini sono disposti a tutto, anche a sfidare i pregiudizi e le dure leggi del conflitto.

Henry è un bambino cinese in una Seattle del 1942 in cui la scoppio della Seconda Guerra Mondiale ha fatto nascere la paura e la diffidenza nei confronti dei giapponesi.
Ha una famiglia tradizionale cinese, nazionalista, il padre è un attivista del Kuomingtag ma il figlio è intelligente e vince una borsa di studio in una scuola per bianchi.
Così Henry si ritrova nella terra di nessuno. Solo a scuola dove deve svolgere pulizie, servire alla mensa, stare in silenzio e subire continue angherie. Solo nel quartiere cinese perché non va alla scuola cinese.
L’unico suo amico è Sheldon, un sassofonista nero che viene dall’Alabama e conosce bene la discriminazione razziale. è poco più grande ma ha allegria e lo chiama fratellino.
Tutta la vita di Henry fatta di continui silenzi, persino il suo essere cinese viene declamato da una spilla senza che lui apra bocca, viene stravolta da Keiko.
È americana ma di ascendenza giapponese e un bel giorno la ritrova nella cucina della mensa scolastica.
Lo aiuterà, anche lei è una studentessa della scuola dei bianchi, anche lei è speciale. La sua origine giapponese la rende nemica giurata dei principi di suo padre, nemica dei bambini bianchi. Eppure lei parla inglese, non sa una parola di giapponese e fa disegni bellissimi.
Tutto questo però lo sappiamo mentre leggiamo anche pagine ambientate nel 1986.
Henry ha sepolto da poco la moglie Ethel, morta dopo sette anni di malattia.
Ha un figlio con cui non parla e una ricerca che dura da quarantenni: trovare il disco di Oscar.
Nello scantinato dell’Hotel Panama viene ritrovato il patrimonio dei giapponesi internati nei campi di prigionia, decine di scatoloni di beni e ricordi. La nuova proprietaria mostra trionfante un ombrello giapponese e Henry sa che è di Keiko.
Così i lettori andranno indietro nel tempo con lui, alla ricerca di un amore impossibile, di musica perduta e della cosa migliore da fare.
Questo libro è pieno di musica, di profumi e di colori.
Forse quello che colpisce di più è come le differenze fisiche creino solchi ideologici anche nelle cosiddette democrazie aperte. Della deportazione forzata dei giapponesi ero venuta a conoscenza tempo fa con un film bellissimo “La neve cade sui cedri”, che vi consiglio vivamente. 


Da lì avevo approfondito la vicenda.
Che è poi antichissima, purtroppo.
La paura dell’altro, del diverso e nello stesso tempo la necessità di controllarlo e di conseguenza di annientarlo.
Sono molte le tematiche che questo libro affronta, non solo quelle razziali, ci sono i rapporti intergenerazionali, le differenze culturali, ma soprattutto la terra di nessuno, l’estraniamento degli emigrati di seconda generazione, né carne né pesce. Tutte situazioni psicologiche ben tratteggiate.
Ognuno esprime il suo punto di vista e questo crea nel lettore una immedesimazione che coinvolge profondamente.
Ognuno dei personaggi ci lega a sé, sia esso il bullo Chaz o la tostissima signora Beatty, sia Sheldon o Oscar.
Per non parlare di Marty e di Samantha.
Come sempre quando un libro mi piace ho veramente difficoltà a parlarne senza rivelare troppo.
In questo caso è ancora più difficile perché sono sensazioni olfattive e musicali.
La scena in cui Sheldon suona il sax nel parco solitario con Henry, dopo che il quartiere giapponese è stato completamente evacuato, è di una bellezza struggente.
Vi lascio solo delle citazioni:

“le scelte più difficili nella vita non sono quelle fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, bensì fra ciò che è giusto e ciò che è meglio”

“come aveva odiato essere scambiato per giapponese. Ma la vita è sempre e solo ironica.
“Si, sono giapponese.” Henry mosse su e giù la testa a scatti. ”Appunto e le sarei molto grato se mi consentisse di dare un’occhiata in giro”.
Se è questo che serve per scendere nel seminterrato, allora va bene, sarò giapponese. Sarò un immigrante canadese mezzo marziano, di sangue blu, se è questo che serve, pensò.”


4 commenti:

  1. Sono contento ti sia piaciuto. Io aspetto con impazienza nuovi lavori di questo autore.

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  2. Lo immagino, chissà che il tuo desiderio venga esaudito presto^^

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  3. Bello! :D
    Adesso quando ho un secondo vedo di leggerlo.
    Mi piacciono i libri che si basano sul ricordo!

    La neve cade sui cedri vidi il film e poi lessi il libro. Mi piacque molto. Magari è la volta che lo rileggo.

    Buona giornata e... Un abbraccio!!!!

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  4. Sai che io non l'ho letto il libro? Lo metto nella wish list. Se anche è poetico come il film deve essere una meraviglia.
    Anche de "Il gusto proibito..." vedrei proprio bene una trasposizione cinematografica...
    Grazie per la visita e un abbraccio a te!

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