Le cronache di Gaia

Cronache di Gaia.

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venerdì 8 aprile 2011

Il mio Giappone 2

Come promesso il venerdì è per il Giappone.
Dopo il post dedicato a "Conan il ragazzo del futuro", l'anime del maestro Miyazaki, volevo parlarvi di Haruki Murakami ma non sono pronta.
Affrontare uno dei mostri sacri della letteratura mondiale richiede un approfondimento maggiore di quello che posso offrire al momento, quindi di lui scriverò la prossima settimana.
Oggi parlo di un'autrice che ama moltissimo il Giappone: Amélie Nothomb.
Per i pochissimi che non la conoscessero la lascio presentare a Wikipedia:

Amélie Nothomb (Kobe, 13 agosto 1967) è una scrittrice belga.



Figlia di un ambasciatore belga membro di una delle famiglie brussellesi più in vista ha trascorso la sua infanzia nel paese del Sol Levante, per poi trasferirsi in Cina per ragioni diplomatiche.

«lasciare il Giappone fu per me uno sradicamento», scrive nel libro autobiografico Stupore e tremori. InGiappone, mentre i suoi fratelli frequentavano la scuola americana, lei frequentò la scuola nipponica locale perfettamente bilinguefranco-giapponese: «Moi je parle le franponais» (Biografia della fame) - «io parlo il franponese», scrive nella prima parte della sua biografia, volendo sottolineare quanto le fossero indistintamente proprie le due lingue. In Cina frequentò la piccola scuola francese locale. Furono anni felici ma comunque difficili, di riflesso alla complicata situazione politica data dal regime comunista. Così Pechino venne vissuta solo nel ghetto degli stranieri di San Li Tun. La tappa successiva furono gli Stati Uniti, più precisamente New York, dove Amélie frequentò il liceo francese e si appassionò alla danza classica che praticò per breve tempo. L’abbandono di New York coincise con la fine della sua infanzia e l'inizio del duro periodo adolescenziale. Si trasferisce infatti in Bangladesh: «J’ai vécu dans le pays le plus pauvre au monde» («ho vissuto nel paese più povero del mondo»), dirà in un'intervista alla radio francese; qui conobbe l'anoressia(«tra i 15 ed i 17 anni smisi di mangiare, il corpo sparisce poco a poco, assieme all’anima») che la marcò profondamente influenzando la sua produzione letteraria. (Biografia della fame). Il Bangladesh la costrinse a smettere la scuola che frequentò per corrispondenza e iniziò a cibarsi esclusivamente di libri. Qui si palesò il forte attaccamento per la sorella maggiore Juliette, «unica compagna della mia adolescenza» ("vivevamo in simbiosi..."). Giunse per la prima volta in Europa a 17 anni e si stabilì a Bruxelles con la famiglia. Nella capitale belga diceva di sentirsi «aussi étrange qu’étrangère» («tanto straniata quanto straniera»); ivi si laureò in filologia classica alla Libera Università di Bruxelles, dove però non riuscì ad integrarsi a causa di un cognome denotante origini di estrema destra che comparteciparono al suo isolamento. Laureatasi, decise di ritornare a Tokyo per approfondire la conoscenza della lingua giapponese studiando la «langue tokyoïte des affaires»: assunta come traduttrice in una enorme azienda giapponese, visse un'esperienza durissima che raccontò in seguito nel libro Stupore e tremori, che riceverà il Grand Prix du Roman dell'Académie française. Nel 1991 tornò in Belgio e pubblicò Hygiène de l’assassin (Igiene dell’assassino), origine del suo enorme successo letterario. Stabilitasi tra Parigi e Bruxelles, dedica 4 ore al giorno alla scrittura e pubblica, per scelta personale, un libro all'anno.


La mitica wiki mi da il là per parlare di "Stupore e Tremori"uno dei libri più belli che abbia letto.



la trama


La storia è divertente, ricca di humour e incentrata in parte proprio sul senso di non appartenenza a nessuna cultura "certa", di riferimento. Una giovane occidentale di origine belga, Amélie, viene assunta alla Yumimoto, vero e proprio impero dell'import-export tra il Giappone e il resto del mondo. Il suo impatto con la struttura gerarchica dell'ufficio è immediatamente traumatico. Eppure Amélie conosce bene la lingua giapponese, gli usi e costumi di quel paese, le regole di un lavoro impiegatizio. Ma tutto ciò non è sufficiente. Il complesso meccanismo della Yumimoto non può essere compreso sino in fondo da una mente occidentale e Amélie si ritrova in breve tempo a subire non solo gli aspri rimproveri dei suoi dirigenti ma anche una lenta, graduale e inarrestabile retrocessione, sino ai ruoli più infimi. Tutto a causa del suo capo diretto, la giovane e bella Fubuki Mori, che si ritiene in dovere di denunciare al vice presidente una collaborazione fruttuosa ma formalmente scorretta tra Amélie e un altro capo-struttura. Con un gusto apparentemente sadico Fubuki punisce la giovane occidentale affidandole compiti modesti, quasi insignificanti. A dire il vero Amélie non dimostra molta propensione o attitudine per lavori di precisione e neppure è in grado di seguire incarichi amministrativi o che richiedano una seppur minima conoscenza della matematica e delle calcolatrici. Si rivelano fallimentari tutti i suoi tentativi di superare le difficoltà e anche le mansioni elementari attribuitele non vengono portate a termine, malgrado gli sforzi e la volontà di mostrarsi intelligente di fronte alla sua affascinante aguzzina. Insomma Amélie si ritrova nell'assurda condizione di sapere di poter svolgere compiti interessanti, per la sua preparazione e la conoscenza della lingua francese, ma di non essere mai messa in condizione di dimostrarlo a causa delle ferree regole interpersonali che vigono all'interno della Yumimoto. Costretta a cambiare la data ai calendari, a servire il caffè, a occuparsi delle toilette... Amélie raggiunge il limite della sopportazione, ma malgrado queste umiliazioni non rassegna le dimissioni, fermamente decisa a rimanere sino allo scadere annuale del contratto, quando... non sveliamo un finale che invece ci dice molto della protagonista e di quanto autobiografismo si nasconda in queste ironiche pagine.



La genialità della scrittura sta nell'affrontare il tema del mobbing senza paura e senza autocommiserazione.


Quando lo lessi lo commentai così:


Libro autobiografico e geniale, affronta con ironia e leggerezza un tema come il mobbing. Il fatto che tutto avvenga in Giappone è anche bella occasione per il lettore di imparare molte cose su questo lontano paese. Mi sono riconosciuta moltissimo nell'esperienza della scrittrice, forse è proprio per questo che ne apprezzo l'ironia. Naturalmente ci sarebbero tutta una serie di considerazioni da fare sulla tematica, ma mi fermo qui, se uno non ci è passato non può capire...


Una parte in particolare mi fa morire, quando, dopo due giorni, nottata compresa, la povera Amélie cerca di fare dei conti, consumando rotoli e rotoli di carta della calcolatrice. Senza venirne a capo. Arriva Fubuki e in 5 minuti fa tutti i conti. Quando lo lessi mi vennero le lacrime dal ridere e dal piangere, visto che a me capitò più o meno la stessa cosa, in un'altra vita...


Nel romanzo viene spiegato chiaramente il concetto di suicidio per i giapponesi e, fosse solo per questo, meriterebbe di essere letto.


Penso che questa autrice sia il mezzo migliore per traghettare un lettore occidentale, come siamo noi, nell'universo giapponese. Svelandone la bellezza ma anche i trabocchetti.


L'amore di Amélie per questo paese lo si capisce anche leggendo "Nè di Eva né di Adamo"
La storia è cronologicamente parallela a "Stupore e Tremori" ma in questo romanzo ci parla del suo rapporto amoroso con un giovane giapponese. Una parte bellissima è la sua scalata al monte Fuji (che ogni giapponese deve scalare almeno una volta nella vita!) per vedere l'alba e gridare, assieme a tutti gli altri giapponesi presenti, "Banzai!" di fronte all'alba del Sol Levante.
Un brano da far venire la pelle d'oca!


E per finire si ringrazia Wikipedia per il solito indispensabile aiuto.



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